Pensiero del giorno 26 marzo 2024
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” (Mt 27,46)
Si spiega letteralmente la quarta parola :
Deus meus Deus meus , ut quid dereliquisti me?
Abbiamo spiegato nella parte precedente le prime tre parole che sono state pronunciate da nostro Signore dal pulpito della Croce, intorno all’ora sesta, poco dopo la sua crocifissione. In questa parte spiegheremo le restanti quattro parole che, dopo il buio e il silenzio di tre ore, proclamò lo stesso nostro Signore da questo stesso pulpito con voce forte. Ma prima sembra necessario spiegare brevemente quale, e da dove, e per quale scopo è nata l’oscurità che esisteva tra le prime tre e le ultime quattro parole, poiché così dice san Matteo: «Dall’ora sesta si fece buio su tutta la terra fino all’ora nona. E verso l’ora nona Gesù gridò a gran voce: “Eli, Eli! lema sabactani?” Questo è: «Dio mio, Dio mio! Perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,45; Mt 27,46).
Ci sono diverse ragioni per cui Dio ha desiderato questa oscurità universale durante la Passione di Cristo. Tra questi ce ne sono due speciali. In primo luogo, per mostrare la vera cecità del popolo ebraico, come ce lo dice San Leone nel suo decimo sermone sulla Passione di Nostro Signore, e questa cecità degli ebrei dura fino a questo momento e continuerà a durare, secondo la profezia di Isaia: In alto, risplendi, Gerusalemme, perché la tua luce è venuta e la gloria del Signore è apparsa su di te! Guardate infatti come le tenebre ricoprono la terra e una fitta nube ricopre gli uomini» (Is 60,1; Is 60,2): le tenebre più dense, senza dubbio, copriranno il popolo d’Israele, e una fitta nube, più leggera e più facilmente dissipabile coprirà i Gentili. Il secondo motivo, come insegna San Girolamo, era mostrare l’immensa grandezza del peccato degli ebrei. Prima, infatti, gli uomini malvagi molestavano, perseguitavano e uccidevano quelli buoni; ora, uomini malvagi hanno osato perseguitare e crocifiggere Dio stesso, che aveva assunto la nostra stessa natura umana. Prima gli uomini litigavano tra loro; dalle controversie alle maledizioni; e dalle maledizioni al sangue e all’omicidio; ora i servi e gli schiavi sono insorti contro il Re degli uomini e degli angeli, e con un’audacia inaudita lo hanno inchiodato. Pertanto il mondo intero è stato riempito di orrore, e per dimostrare quanto detesta un simile crimine, Il sole ha ritirato i suoi raggi e ha coperto l’universo con una terribile oscurità. […]
Passiamo ora all’interpretazione delle parole del Signore: “Eli, Eli! lema sabactani?” Queste parole sono tratte dal Salmo 21: «Dio mio, Dio mio, guardami, perché mi hai abbandonato?» (Sal 21,1).
La parola “guardami”, che compare al centro del versetto, è stata aggiunta dagli interpreti dei Settanta, ma nel testo ebraico si trovano solo le parole pronunciate da nostro Signore. Dobbiamo evidenziare che i Salmi furono scritti in ebraico e le parole pronunciate da Cristo erano in parte in siriaco, che era la lingua allora in uso tra gli ebrei. Queste parole: “Talita kum – Ragazza, ti dico, levati”, ed “Effata – Aperto”, così come altre parole del Vangelo sono siriache e non ebraiche. Il nostro Signore allora si lamenta di essere stato abbandonato da Dio, e si lamenta gridando a gran voce. Sono due circostanze che devono essere brevemente spiegate. L’abbandono di Cristo da parte del Padre suo può essere interpretato in cinque modi, ma ce n’è solo uno che è la vera interpretazione. Ebbene, in effetti, c’erano cinque unioni tra il Padre e il Figlio: una, l’unione naturale ed eterna della Persona del Figlio nell’essenza; la seconda, il nuovo vincolo di unione della Natura Divina con la natura umana nella Persona del Figlio, o, che è lo stesso, l’unione della Persona Divina del Figlio con la natura umana; il terzo era l’unione di grazia e di volontà, poiché Cristo come uomo fu uomo «pieno di grazia e di verità» (Gvn 1,14), come testimoniato in san Giovanni: «Faccio sempre ciò che gli piace» (Gvn 8,29), e di lui il Padre ha detto: «Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 3,17). La quarta era l’unione della gloria poiché l’anima di Cristo esultò fin dal momento del concepimento della visione beatifica; la quinta era il sindacato di protezione a cui si riferisce quando dice: “e colui che mi ha mandato è con me, non mi ha lasciato solo» (Gvn 8,29). Il primo tipo di unione è inseparabile ed eterno, poiché fondato sull’Essenza Divina, e quindi Nostro Signore dice: «Io e il Padre siamo uno» (Gv 10,30); e per questo Cristo non ha detto: “Padre mio, perchè mi hai abbandonato?”, ma “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Perché il Padre si chiama Dio del Figlio solo dopo l’Incarnazione e in ragione dell’Incarnazione. Il secondo tipo di unione non è stato né potrà mai essere sciolto, perché ciò che Dio ha assunto una volta non potrà mai essere messo da parte.
E per questo l’Apostolo dice: «Colui che non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (Rm 8,32); e, San Pietro, “Cristo ha sofferto per noi”, e “Poiché Cristo ha sofferto nella carne” (1Pt 2,21;4,1): tutto ciò dimostra che colui che fu crocifisso non era semplicemente un uomo, ma il vero Figlio di Dio e Cristo Signore. Anche il terzo tipo di unione esiste ancora ed esisterà sempre: “Ebbene, anche Cristo è morto una volta per i nostri peccati, giusto per gli ingiusti” (1 Pietro 3:18), come espresso da San Pietro; poiché la morte di Cristo non ci avrebbe giovato a nulla se questa unione di grazia si fosse sciolta. La quarta unione non poteva essere interrotta, perché la beatitudine dell’anima non può perdersi, poiché comprende il godimento di ogni bene, e la parte superiore dell’anima di Cristo era veramente felice (S.Th., III, q. 46, a. 8). Resta solo da cedere il sindacato protettivo, rotto per un breve periodo di tempo all’oblazione del sacrificio cruento per la redenzione del mondo. In effetti, Dio Padre ha potuto farlo.
Vari modi hanno protetto Cristo, e hanno impedito la Passione, e per questo Cristo dice nella sua Preghiera nell’Orto: “Padre, tutto ti è possibile; allontana da me questo calice, ma non sia fatto quello che voglio, ma quello che vuoi» (Mc 14,36): e ancora a san Pietro: «Credi forse che io non possa pregare il mio Padre, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli?» (Mt 26,53). Cristo come Dio avrebbe potuto salvare il suo Corpo dalla sofferenza, perché dice “Nessuno me la toglie” (Gvn 10,18) (la mia vita); La do volentieri» e così aveva profetizzato Isaia: «Si è offerto di sua volontà» (Is 53,7). Infine, l’Anima beata di Cristo può aver trasmesso al Corpo il dono della impassibilità e incorruzione; ma piacque così al Padre, e al Verbo, e allo Spirito Santo, per compiere il decreto della Santissima Trinità, per permettere al potere dell’uomo di prevalere temporaneamente. Era infatti questa l’ora a cui si riferiva Cristo quando disse a coloro che erano venuti a prenderlo: «Questa è la vostra ora e la potenza delle tenebre» (Lc 22,53). Dunque, Dio ha abbandonato suo Figlio quando lasciò che la sua Carne umana soffrisse tormenti così crudeli senza alcuna consolazione, e Cristo manifestò questo abbandono gridando ad alta voce affinché tutti potessero conoscere l’immensità del prezzo della nostra redenzione, poiché fino a quell’ora aveva sopportato tutti i suoi tormenti con tanta pazienza e equanimità che appariva quasi libera dalla capacità di sentire.
Fonte: Estratto da “Le Sette Parole di Gesù in Croce”, San Roberto Bellarmino, Libro II, Capitolo I, Venezia, 1802.
SANTA GIORNATA!