Eucarestia: trasparenza del Volto redentore di Gesù

 

L’Eucarestia è soprattutto un sacrificio (Giovanni Paolo II)

Il Concilio Vaticano II – scrive il Piolanti – ha riaffermato, con particolare insistenza e vigore, la verità del Sacrificio Eucaristico… Paolo VI, nell’Enciclica Misterium Fidei (3 settembre 1965), ha sviluppato egregiamente il pensiero tradizionale con parole particolarmente limpide e incisive… Lo stesso Pontefice ha completato il suo lucido insegnamento nel Credo del popolo di Dio (29 giugno1968): “Noi crediamo che la Messa sia celebrata dal sacerdote che rappresenta la persona di Cristo… e il sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari”.

“Giovanni Paolo II, nella sua lettera Dominica Cena diretta ai sacerdoti, il 24 febbraio 1980, usa espressioni particolarmente vive felici nel riaffermare la fede comunione di tutte le chiese, dell’Oriente e dell’Occidente, sulla verità del sacrificio della Messa”. L’Eucarestia è innanzitutto Sacrificio, dunque. Questa è la dottrina della Teologia perenne e dell’insegnamento costante della Chiesa, che già Tertulliano esponeva con chiarezza di termini estremamente espressivi, parlando di Cristo “rursus mactatus” nella celebrazione della santa Messa.

Non c’è alcuna soluzione di continuità fra il Sacrificio del Calvario e il Sacrificio dell’Altare. “Infatti – spiega bene il Piolanti – per le parole della consacrazione (vi verborum): “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, sotto le specie del pane è presente soltanto il Corpo e sotto le specie del vino è presente soltanto il Sangue di Gesù; il corpo è da una parte, il sangue dall’altra; questa separazione non fisicamente, ma sacramentalmente è identica a quella del Calvario. La morte di croce è presente sull’altare “in sacramento”, e quindi “la morte cruenta della Croce rimane sempre lo stesso identico avvenimento, che nell’Eucarestia è reso presente, ma non moltiplicato”.

San Paolo, il grande maestro e apostolo delle genti, ha insegnato con luminosità e concretezza di espressioni la verità divina della nostra comunione reale con il Corpo e il Sangue di Cristo immolato nell’Eucarestia: “il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il Sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il Corpo di Cristo?” (1Cor 10,5s; cf 11,27.29). E il Piolanti spiega che il Pane e il Vino consacrati sull’altare “sono segno della passione cruenta del Calvario, in quanto per la separazione sacramentale del corpo dal sangue, ottenuta mediante la distinta consacrazione delle due specie, Cristo è in esse presentato nel suo atteggiamento di vittima. In questa presentazione consiste l’immolazione incruenta della Messa, rappresentativa dell’immolazione cruenta della Croce”.

Teologia dommatica e Teologia biblica, dunque, Teologia spirituale e Liturgia, in effetti concordano mirabilmente sui contenuti di questa dottrina eucaristica in chiave soteriologica, che pur resta “inter credibilia difficillimum“, come scriveva il Dottore Serafico, san Bonaventura, e che lungo i due millenni del Cristianesimo ha impegnato le migliori intelligenze dei Santi Padri e dei Dottori della Chiesa nell’approfondire il mistero dell’ “Altare plenitude Crucis”, dell’Eucarestia “Memoriale Mortis e Resurrectionis” . E una conferma validissima in più di questa dottrina eucaristica ci viene anche dalla Angiografia ossia dagli insegnamenti e dalle esperienze vissute dei Santi di ogni tempo e di ogni luogo durante questi due millenni di vita della Chiesa.

Per citarne soltanto qualcuno, ricordiamo, ad esempio, Sant’Andrea Avellino, il quale affermava con fermezza e con passione, per esperienza, che “non si può vivere non si deve disgiungere la santissima Eucaristia dalla Passione” e Santa Gemma Galgani confidava il Padre spirituale che alla Comunione le capitava di sperimentare anche il gusto del sangue di Gesù, tanto da poter scrivere nel suo diario:” mi sentii tutta la bocca piena di sangue: come era buono come mi faceva bene” questa esperienza mistica conferma al vivo che “l’Eucarestia – come insegna e scrive San Pier Giuliano Eymard – é il testamento di Gesù, un testamento fondato nel suo Sangue, è così che lo chiama Egli stesso”.

Ecco perché nell’Eucarestia il Volto di Cristo che si irradia tutt’intorno non può non essere che il volto Redentore, il Volto del Crocifisso. E la beata Elena da Udine, difatti, durante la celebrazione della santa Messa, vedeva Gesù Crocifisso grondante sangue nell’Ostia elevata all’adorazione dei fedeli. E quando qualcuno chiese a San Guglielmo, vescovo di Bourges, perché era così serio all’altare durante la celebrazione del sacrificio della santa Messa, il Santo rispose: “quando dico la Messa, vedo sull’altare Gesù che gronda sangue”. Ugualmente, quando San Pio da Pietrelcina venne chiesto perché piangesse tanto durante la santa Messa egli rispose: “che cosa sono quelle poche lagrime di fronte a ciò che avviene sull’altare? Torrenti di lagrime ci vorrebbero!”. Con chiarezza e con eleganza il Piolanti ha potuto perciò scrivere che “in un candido disco di pane azzimo e in una gemma di vino è racchiuso il mistero della Croce… la Messa è il prolungamento, il pleroma della Croce”.

La Santa Eucarestia– scrivi ancora San Pier Giuliano Eymard- è il frutto e il fine della morte Gesù; continua in maniera incruenta la sua immolazione in mezzo a noi, prolunga la sua morte in noi per mezzo della vita cristiana… Così apparendo nell’ostia Santa, ad esempio, a Parigi nel 1290, ed a Bruxelles nel 1369, Nostro Signore si è mostrato con le sue piaghe per dirvi che nella Santa Messa e, come in cielo, l’Agnello immolato che presenta al Padre celeste le Sacre stimmate della sua Passione e“sempre vivo per intercedere in nostro favore”.

Molto espressivo, a questo riguardo, è un celebre quadro che si trova nel museo della Louvre a Parigi. Il pittore e Giovanni Malouel, del secolo XV. Il quadro rappresenta, in un magnifico trittico, l’ultima Comunione eucaristica di San Dionigi martire (272). In primo piano, è presente Gesù sulla croce, mentre il Sangue sgorga a fiotti dal suo Cuore. Con quel Sangue Gesù comunica San Dionigi in carcere, e il Santo, fortificato da quel Sangue, affronta con coraggio il martirio per donare il proprio sangue a Gesù.

Ricordiamo anche San Vincenzo de Paoli, il grande maestro e formatore di Santi. Per inculcare nei suoi missionari l’eroismo delle virtù e dell’apostolato fra gli uomini ancora immersi nelle tenebre del paganesimo, il Santo insegnava che ogni ardimento e audacia apostolica erano possibili se ci si nutre dell’Eucarestia: “Quando avete ricevuto nei vostri cuori nostro signore- affermava egli– ci può essere un sacrificio impossibile per voi?“.

 Il simbolismo degli abiti sacerdotali, del resto, come rilevava compassione San Pietro d’Alcantara, ripreso poi da San Pier Giuliano Eymard, parla anch’esso il linguaggio dell’assimilazione viva del sacerdote celebrante a Cristo sacerdote e a Cristo vittima, il Redentore crocifisso. In una breve paginetta così San Pier Giuliano descrive i parametri liturgici che il sacerdote indossa per la celebrazione del sacrificio eucaristico, impersonando Gesù nella sua passione e morte:

L’ amitto è l’immagine del velo gettato dai soldati sul volto adorabile di Gesù.

Il camice simboleggia la bianca veste, della quale, per derisione, erode lo fece rivestire.

Il cordone ricorda i lacci imposti a Gesù per condurlo dal Getsemani al tribunale di Caifa.

Il manipolo, le catene che lo legarono e la colonna della flagellazione.

La stola, le corde con le quali fu trascinato al calvario.

La pianeta, rappresenta il mantello scarlatto col quale fu mascherato Gesù al pretorio, o, ancora, la croce di cui fu caricato”. 

A questo possiamo aggiungere il ricordo della tonsura del sacerdote che voleva simboleggiare a corona di spine sul capo di Gesù, mentre l’altare, sopraelevato, e con la presenza della Croce, rappresentava e rappresenta il Calvario su cui si rinnova e si consuma, sacramentalmente, il dramma della Passione e Morte del Redentore nell’Ostia di pane azzimo. “la parola “Ostia” – scrive il cardinale Manuel Gonzales Garcia- prima che indicare la sottile sfoglia di pane azzimo destinato alla consacrazione eucaristica, indica, come in questo caso, la vittima che si offre in sacrificio alla divinità”. È una conferma tanto significativa quanto suggestiva l’abbiamo avuta anche recentemente, nel 1917, nell’apparizione dell’Angelo ai tre Pastorelli di Fatima: di fronte ai tre Pastorelli, infatti, apparve” l’Angelo – ha scritto la veggente, suor Maria Lucia di Fatima – che teneva nella mano sinistra un calice su cui stava sospesa un’Ostia, da cui cadevano dentro il calice alcune gocce di sangue”.

L’Eucarestia-Sacrificio, dunque, è tutta realtà soteriologia che si invera in Gesù Redentore, Sacerdote e Vittima, Altare e Ostia, immolato per l’umanità bisognosa di redenzione, sacrificato per gli uomini che sono bisognosi, in ogni tempo, di “guardare a Colui che hanno trafitto” (Gv 19,7), a Colui che è realmente presente sull’altare, che è interamente presente nell’Ostia e nel Calice consacrati, che amorosamente volge a noi il suo Volto Redentore e irradia su di noi i suoi sguardi di quell’amore Redentore che Egli rivolse a San Pietro apostolo, dopo il triplice rinnegamento, perdonandolo e muovendolo alle lagrime di pentimento (cf Mt 26,75), o i suoi sguardi di quell’amore Redentore che egli volse al buon ladrone, san Disma, a cui disse le salvifiche parole: “Oggi stesso sarai con me in paradiso” (Lc 23,43).

P. Stefano M.Manelli