Pensiero del giorno 14 novembre 2023

 

Il Catechismo della chiesa cattolica definisce:

La purificazione finale o purgatorio

1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.

1031 La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze (621) e di Trento. (622) La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, (623) parla di un fuoco purificatore:

« Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,32). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro ». (624)

(621) Cf Concilio di Firenze, Decretum pro GraecisDS 1304.
(622) Cf Concilio di Trento, Sess. 25a, Decretum de purgatorioDS 1820 Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canone 30: DS 1580.
(623) Per esempio, 1Co 3,15 1P 1,7.
(624) San Gregorio Magno, Dialogi, 4, 41, 3: SC 265,148.

Il Purgatorio

“L’anima purgante, fuori del corpo, non è in uno stato, ma è ancora pellegrina perché è in grazia; tende a Dio con immenso amore e non può ancora raggiungerlo. Per questo, da tutte le rivelazioni delle anime purganti, si rileva che la loro purificazione è computata sul nostro tempo: dieci, venti, cento anni. 

Il dannato è come un corpo pesante che cade nell’eterno abisso, e vi sta, vi rimane; l’anima purgante è come un razzo che tende ancora a salire, ma che rimane nell’atmosfera, finché non funziona lo scoppio del razzo vettore che lo spinge in alto. 

Essa non è capace che di dolore, perché il dolore è soltanto può riparare le sue colpe, ed i suoi slanci d’amore diventano fuoco urente, pena e rammarico di amore, che fa loro considerare come una grazia il potersi purificare. 

Il morto è morto e non aspira, per così dire, alla vita, ma alla putredine. Questo è il dannato. L’infermo, invece, aspira alla salute, si sottopone a tormentose cure e le soffre volentieri, pur lamentandosi, ed invoca aiuto per essere alleviato. Questa è l’anima purgante: è un’inferma. Le sue medicine tormentose sono la purificazione nel fuoco, nell’angoscia della lontananza da Dio e nei singoli tormenti per ogni colpa particolare. 

Per un inferno nel corpo sono di sollievo gli anestetici, i calmanti e le amorose cure di chi l’assiste; per l’anima purgante i suffragi di preghiere e di sacrifici, che per essa si offrono, sono il suo sollievo”. 

Fonte: Chi morrà vedrà? Il Purgatorio e il Paradiso. Sac. Dolindo Ruotolo, CME Apostolato Stampa, Capitolo secondo, Pag. 24.

SANTA GIORNATA!

*questa settimana ci soffermeremo a meditare sul purgatorio