Pensiero del giorno 18 agosto 2024
Omelia 26: ll pane che io darò è la mia carne offerta per la vita del mondo. Sant’Agostino d’Ippona
O sacramento di pietà, o segno di unità, o vincolo di carità! Chi vuol vivere, ha dove vivere, ha donde attingere la vita. Si accosti, creda, sarà incorporato, sarà vivificato.
[Solo il corpo di Cristo vive dello Spirito di Cristo.]
13. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Vivo precisamente perché disceso dal cielo. Anche la manna era discesa dal cielo; ma la manna era l’ombra, questo pane è la stessa verità. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno, e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6, 51-52). Come riuscirà la carne (cioè l’uomo fatto di carne) a capire perché il Signore ha chiamato carne il pane? Egli chiama carne quel pane che la carne non può comprendere, e la carne non lo può comprendere anche perché esso è chiamato carne. Per questo rimasero inorriditi, e dissero che era troppo, e che non era possibile. E’ la mia carne – dice – per la vita del mondo. I fedeli dimostrano di conoscere il corpo di Cristo, se non trascurano di essere il corpo di Cristo. Diventino corpo di Cristo se vogliono vivere dello Spirito di Cristo. Dello Spirito di Cristo vive soltanto il corpo di Cristo. Capite, fratelli miei, ciò che dico? Tu sei un uomo, possiedi lo spirito e possiedi il corpo. Chiamo spirito ciò che comunemente si chiama anima, per la quale sei uomo: sei composto infatti di anima e di corpo. E così possiedi uno spirito invisibile e un corpo visibile. Ora dimmi: quale è il principio vitale del tuo essere? E’ il tuo spirito che vive del tuo corpo, o è il tuo corpo che vive del tuo spirito? Che cosa potrà rispondere chi vive (e chi non può rispondere, dubito che viva), che cosa dovrà rispondere chi vive? E’ il mio corpo che vive del mio spirito. Ebbene, vuoi tu vivere dello Spirito di Cristo? Devi essere nel corpo di Cristo. Forse che il mio corpo vive del tuo spirito? No, il mio corpo vive del mio spirito, e il tuo del tuo. Il corpo di Cristo non può vivere se non dello Spirito di Cristo. E’ quello che dice l’Apostolo, quando ci parla di questo pane: Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo (1 Cor 10, 17). Mistero di amore! Simbolo di unità! Vincolo di carità! Chi vuol vivere, ha dove vivere, ha di che vivere. S’avvicini, creda, entri a far parte del Corpo, e sarà vivificato. Non disdegni d’appartenere alla compagine delle membra, non sia un membro infetto che si debba amputare, non sia un membro deforme di cui si debba arrossire. Sia bello, sia valido, sia sano, rimanga unito al corpo, viva di Dio per Iddio; sopporti ora la fatica in terra per regnare poi in cielo.
14. Allora i Giudei presero a discutere tra loro, dicendo: Come può darci costui la sua carne da mangiare? (Gv 6, 53). Discutevano tra loro perché non riuscivano ad intendere il pane della concordia, e non volevano accettarlo; poiché coloro che mangiano un tale pane, non litigano tra loro, appunto perché essendoci un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo. E per mezzo di questo pane Dio fa abitare in una medesima casa coloro che possiedono un medesimo spirito (Sal 67, 7).
15. Poiché, litigando tra loro, si domandano come possa il Signore dare in cibo la sua carne, non stanno a sentire; ma egli soggiunge ancora: In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Voi non sapete come si possa mangiare né quale sia la maniera di mangiare questo pane: tuttavia se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Egli non diceva queste cose a dei morti, ma a dei vivi. E affinché essi, credendo che parlava di questa vita, non riprendessero a litigare, così prosegue: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna (Gv 6, 54-55). Per contro, non ha questa vita, chi non mangia questo pane e non beve questo sangue. Senza di questo pane possono, sì, gli uomini avere la vita temporale, ma la vita eterna assolutamente non possono averla. Chi, dunque, non mangia la sua carne e non beve il suo sangue, non ha in sé la vita: che invece ha chi mangia la sua carne e beve il suo sangue. Nell’uno e nell’altro caso vale l’aggettivo eterno. Non è così di questo pane che serve a sostentare la vita temporale. Chi non mangia di questo pane non vive: il che però non significa che chi ne mangia vivrà. Accade, infatti, che molti di quelli che mangiano, chi per vecchiaia, chi per malattia, chi per altro motivo, muoiono. Questo non succede con quel pane e con quella bevanda, che sono il corpo e il sangue del Signore. Chi non ne mangia non ha la vita; chi ne mangia ha la vita, e la vita eterna. Con questo cibo e con questa bevanda vuol farci intendere l’unione sociale del suo corpo e delle sue membra, che è la santa Chiesa nei suoi santi predestinati e chiamati, giustificati e glorificati, e nei suoi fedeli. La prima di queste fasi, che è la predestinazione, si è già realizzata; la seconda e la terza, cioè la chiamata e la giustificazione, sono in via di realizzazione; la quarta, poi, cioè la glorificazione, è una speranza presente, una realtà futura. Il sacramento di questa realtà, cioè dell’unità del corpo e del sangue di Cristo, viene apparecchiato sulla mensa del Signore, in alcuni luoghi tutti i giorni, in altri con qualche giorno d’intervallo, e si riceve dalla mensa del Signore. Da alcuni viene ricevuto per la vita, da altri per la morte: ma la realtà, che questo sacramento contiene, procura a tutti quelli che vi partecipano la vita, mai la morte.
Fonte: https://www.scrutatio.it/archivio/articolo/commento-al-vangelo-di-san-giovanni-sant-agostino/2418/omelia-26
SANTA DOMENICA!