Pensiero del giorno 20 giugno 2024
Pregate dunque così: Padre Nostro…
Commento al Padre nostro di San Tommaso D’Aquino
Padre
Su questa invocazione facciamo due riflessioni: in che senso Egli è Padre e quali siano i nostri doveri verso di Lui in quanto Padre.
Viene detto nostro Padre innanzitutto in ragione del modo speciale con cui ci ha creati, perché ci ha creati a sua immagine e somiglianza (cf. Gen 1,26): il che non fece invece con le altre creature. Così infatti la Scrittura: “É lui il padre che ti ha creato, che ti ha fatto e ti ha costituito” (Dt 32,6).
Viene poi detto Padre per il modo speciale con cui ci governa. Governa, è vero, anche tutti gli altri esseri, ma governa noi lasciandoci padroni di noi stessi. Gli altri, invece, li governa come schiavi. Questa cosa è bene espressa dal Libro della Sapienza: “Tutto è governato, o Padre, dalla tua Provvidenza… Tu ci tratti con grande riverenza” (Sap 14,3; 12,18).
Viene detto Padre anche per averci adottati. Se, infatti, alle altre creature egli ha fatto dei regalini, a noi invece ha dato l’eredità. E questo perché siamo suoi figli, e “se figli, siamo anche eredi” (Rm 8,17). Sicché l’Apostolo può dire: “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi e di paura, ma avete ricevuto lo Spirito dei figli adottivi che ci fa esclamare ‘Abbà, Padre’” (Rm 8,15).
Da parte nostra quattro sono i doveri che derivano da questa paternità
1. Gli dobbiamo anzitutto onore.
Dio dice per bocca di Malachia: “Se io sono il Padre, dov’è l’onore che mi spetta?” (Ml 1,6). E questo onore si deve manifestare in tre modi.
Primo, nel dare lode a Dio, come dice il salmista: “Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora” (Sal 50,23). Lode, però, che non deve essere solo un omaggio delle labbra ma del cuore, per non meritare il rimprovero che Dio rivolgeva al popolo ebraico: “Questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me” (Is 29,13).
Secondo, lo onoriamo in noi stessi accogliendo l’esortazione di S. Paolo: “Glorificate Dio nel vostro corpo” (1 Cor 6,20).
Terzo, lo onoriamo nel prossimo col giudicarlo equamente, perché Dio è un Re potente che ama la giustizia” (Sal 99,4).
2. Inoltre dobbiamo imitarlo.
Dio dice a Geremia: “Voi mi direte: ‘Padre mio’, e non tralascerete di seguirmi” (Ger 3,19).
Questa imitazione si attua in tre modi:
Primo, con l’amarlo, come ci ricorda S. Paolo: “Fatevi imitatori di Dio quali figli carissimi, e camminate nella carità” (Ef 5,1). Questo amore deve essere evidentemente nel nostro cuore.
Secondo, lo dobbiamo imitare nell’esercitare la misericordia, come ci ha ordinato il Signore: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36).
Terzo, lo imitiamo tendendo alla perfezione, perché l’amore e la misericordia devono essere perfetti: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48).
3. Dobbiamo obbedirgli.
É infatti nostro Padre. Come dice S. Paolo “Noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita?” (Eb 12, 9). Questa obbedienza gli è dovuta per tre motivi.
Primo, per il dominio che ha su di noi, essendo egli il Signore di tutte le cose, per cui “quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo” (Es 24,7).
Secondo, per l’esempio che il suo vero Figlio ci ha dato facendosi obbediente al Padre fino alla morte (Fil 2,8).
Terzo, per il vantaggio che ne ricaviamo, come rispose Davide a Mikal che lo disprezzava per aver ballato davanti all’Arca: “L’ho fatto dinanzi al Signore, che mi ha scelto invece di tuo padre” (2 Sam 6,21).
4. Dobbiamo essere pazienti nelle prove che ci manda.
Dice infatti il Libro dei Proverbi. “Figlio mio, non disprezzare l’istruzione del Signore e non avere a noia la sua esortazione, perché il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto” (Pr 3,11 12).
Nostro
Da questo aggettivo scaturiscono due doveri verso il prossimo.
1. Il primo è l’amore, perché sono nostri fratelli in quanto tutti gli uomini sono figli di Dio e “chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4,20).
2. Il secondo è il rispetto, perché sono figli di Dio. Per cui Malachia si chiede: “Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro, profanando l’alleanza dei nostri padri?” (Ml 2,10). San Paolo ci esorta: “Gareggiate nello stimarvi a vicenda” (Rm 12,10).
Ciò ridonda a nostro vantaggio, perché “per tutti coloro che gli obbediscono egli divenne causa di salvezza eterna” (Eb 5,9).
Fonte: https://www.gliscritti.it/blog/entry/1890
SANTA GIORNATA!