Pensiero del giorno 5 giugno 2023

Ave Maria!

“Che cosa farà dunque il padrone della vigna?”

Israele prediletto di Dio. Le sue ingratitudini delittuose. La sua condanna

L’opposizione dei sacerdoti e degli scribi si acuiva sempre più contro Gesù, ed Egli con una parabola volle chiamare la loro attenzione sulle responsabilità cui andavano incontro. Avevano infatti, già deciso di ucciderlo, e la loro perfida volontà, non cercava che l’occasione propizia. Ora, Gesù volle mostrare loro che essi non solo ripetevano l’ingratitudine delittuosa dei loro padri contro i profeti mandati dal Signore, ma giungevano a tale eccesso da mettere le mani sul figlio stesso di Dio, meritando una completa riprovazione. La parabola che Gesù raccontò è mirabile non solo per la delicata tessitura, ma perché è una profezia della sua Passione e una nuova confessione della sua divinità.

La vigna piantata dal Signore è il popolo eletto, separato dagli altri popoli come terra cinta da una siepe, arricchita di aiuti e di difese spirituali per poter dare il suo frutto, come vigna attrezzata e provvista di torre.

Gesù Cristo distingue la vigna dai coloni che l’ebbero in fitto, e questo è importantissimo ai fini della parabola: la vigna è l’opera di Dio nel mondo; gli uomini che vi fanno parte non vi hanno un diritto di proprietà e possono essere sostituiti da altri quando si mostrano infedeli. Israele è certamente il popolo eletto, ma non può credere di essere il padrone dei doni ricevuti dal Signore; è un popolo scelto a coltivare la vigna, non a possederla da padrone, pretendendo di rimanervi sempre.

Il delitto che l’autorità costituita meditava contro di Lui, lungi dal conservarla padrone del campo, la rendeva meritevole di essere cacciata. Essa, dunque, errava, pensando di poter conservare il suo prestigio e il suo dominio a prezzo dell’uccisione del Messia.

La parabola di Gesù non aveva per fine di rimproverare l’autorità ma di metterla in guardia nel suo stesso interesse, e prospettava i delitti commessi contro gli inviati del Signore in Israele per far capire che il prendere un abbaglio sui Profeti era una perversa tradizione di quel popolo, che perciò doveva guardarsi dal mettervi il colmo. Gesù sapeva bene di parlare invano, perché l’astio dei sacerdoti e degli scribi contro di Lui impediva loro di dare alle sue parole il valore altissimo che avevano, ma non per questo Egli cessava di esortarli, perché, avendo dato segni inconfondibili della sua missione e della sua divinità essi avrebbero potuto ritornare in se stessi e si sarebbero potuti convertire. Inoltre, Gesù parlava con tale accento di verità da illuminare le menti e i cuori; non si può dire, perciò, che i sacerdoti gli si opponevano perché Egli predicava una nuova dottrina e si arrogava da sé l’autorità di promulgarla, perché Egli mostrava chiaramente la verità di quello che diceva.

C’è tanto accoramento nella parabola che propose Gesù, poiché Essa è tutta la storia di Israele e sintetizzata in un intreccio di nere ingratitudini: Dio predilesse il suo popolo, gli mandò di tempo in tempo dei profeti per risvegliarlo e fargli produrre frutti di bene, ma questi furono disprezzati e maltrattati, perché i tristi vignaioli non ammettevano che parlassero loro in nome del Padrone, pretendendo di disporre essi da padroni della vigna. Ora, Dio aveva mandato loro il suo Figlio, e non gli facevano un trattamento diverso, anzi, infierivano contro di Lui con maggior astio e crudeltà.  Non operavano con rettitudine, ma in malafede, perciò meritavano di essere privati della vigna.

Da: Don Dolindo Ruotolo, I Quattro Vangeli, Ed Apostolato Stampa, pag. 826

Possiamo chiederci: Che cosa farà dunque il padrone della vigna con noi?

SANTA GIORNATA!