II Giorno della Novena di Natale

17 dicembre

 O mio caro Bambino, dimmi perché sei venuto su questa terra? Dimmi chi cerchi? Tu sei venuto a morire per me, per liberarmi dall’inferno. Sei venuto a cercare me pecorella perduta, affinché io non sfugga più da te e t’ami. Ah Gesù mio, mio tesoro, mia vita, mio amore, mio tutto, e se non amo te chi voglio amare? Dove posso trovarmi un padre, un amico, uno sposo, più amabile di te e chi più di te mi ha voluto bene? Ti amo, caro mio Dio, ti amo unico mio bene. Amore mio, a te tutto mi dono; accettami e non mi rifiutare come io meriterei.
Maria, tu sei l’avvocata mia, tu con le tue preghiere ottienimi quanto desideri da questo Figlio; pregalo perché mi perdoni e mi dia la santa perseveranza fino alla morte.

3 Gloria

Gesù Bambino, abbi pietà di noi

Meditazioni di S Alfonso per la Novena di Natale

 

DISCORSO II – Il Verbo Eterno da grande s’è fatto piccolo.

Parvulus natus est nobis, filius datus est nobis. (Is. XI, 6).1

Dicea Platone che l’amore è la calamita dell’amore: Magnes amoris amor. Ond’è comune il proverbio riferito da S. Giovan Grisostomo: Si vis amari, ama;2 poiché non vi e mezzo più forte per tirarsi l’affetto di una persona, che amarla e farle conoscere ch’è amata.- Ma, Gesù mio, questa regola questo proverbio, corre per gli altri, vale per tutti, ma non per voi. Con tutti sono grati gli uomini, fuorché con voi. Voi non sapete più che fare per dimostrare agli uomini l’amore che loro portate; voi non avete più che fare, per farvi amare dagli uomini; ma degli uomini quanti sono quelli che v’amano? Oh Dio, che la maggior parte, diciamo meglio, quasi tutti non v’amano né desiderano d’amarvi; anzi vi offendono e vi disprezzano. – Ma vogliamo ancor noi esser nel numero di questi ingrati? No, che non se lo merita questo Dio così buono e così amante di noi ch’essendo grande e d’infinita grandezza, ha voluto farsi piccolo per essere da noi amato. Cerchiamo luce a Gesù e Maria.

Per intendere quanto sia stato l’amore divino verso gli uomini in farsi uomo, e picciolo bambino per nostro amore, bisognerebbe intendere quanta sia la grandezza di Dio. Ma qual mente umana o angelica può comprendere la grandezza di Dio mentr’ella è infinita? Dice S. Ambrogio, che ‘l dire esser Dio più grande de’ cieli, di tutti i re, di tutti i santi, di tutti gli angeli, è un fare ingiuria a Dio, come sarebbe ingiuria ad un principe il dire ch’egli è più grande di un filo d’erba o d’un moschino. Dio è la grandezza medesima, ed ogni grandezza non è che una minima particella della grandezza di Dio. Considerando Davide la divina grandezza, e vedendo ch’egli non potea né mai avrebbe potuto giungere a comprenderla, altro non sapea dire che, Deus, quis similis tibi? (Ps. XXXIV, 10).3 Signore, e qual grandezza mai può trovarsi simile alla vostra? Ma come mai potea comprenderla Davide, se la sua mente era finita, e la grandezza di Dio è infinita? Magnus Dominus et laudabilis nimis; et magnitudinis eius non est finis (Ps. 144, 3). Caelum et terram ego impleo (Ier. XXIII, 24), dice Dio; sicché tutti noi, a nostro modo d’intendere, non siamo che tanti miseri pesciolini che viviamo dentro questo mare immenso dell’essenza di Dio: In ipso… vivimus, [et] movemur, et sumus (Act. XVII, 28).

Che siamo noi dunque a rispetto di Dio? e che sono tutti gli uomini, tutti i monarchi della terra, ed anche tutti i santi e tutti gli angeli del cielo, a fronte dell’infinita grandezza di Dio? Siam tutti come, anzi meno che non è un acino d’arena a rispetto di tutta la terra: Ecce gentes quasi stilla situlae…: quasi pulvis exigua (Is. XL, 15). Omnes gentes quasi non sint, sic sunt coram eo (Is. XL, 17).

Or questo Dio così grande, s’è fatto picciolo bambino; e per chi? Parvulus natus est nobis, per noi. E perché? risponde S. Ambrogio: Ille parvulus, ut vir possis esse perfectus; ille involutus pannis, ut tu a mortis laqueis absolutus sis; ille in terris, ut tu in caelis (In Luca, lib. 2, cap. 2).4 S’è fatto piccolo, dice il santo, per fare noi grandi: ha voluto esser ligato tra le fasce, per liberare noi dalle catene della morte: è disceso in terra, acciocché noi possiamo salire in cielo. Ecco dunque l’Immenso fatto bambino! Quello che non capiscono i cieli, eccolo ristretto tra poveri pannicelli, e posto in una picciola e vil mangiatoia d’animali, sopra poca paglia che gli serve di letto e di guanciale. Videas potentiam regi, dice S. Bernardo, sapientiam instrui, virtutem sustentari, Deum lactentem et vagientem, sed miseros consolantem.5 Guarda un Dio che tutto può, chiuso fra fasce, talmente che non può moversi! un Dio che tutto sa, fatto muto che non parla! un Dio che regge il cielo e la terra, aver bisogno d’esser portato in braccio! Un Dio che pasce di cibi tutti gli uomini e gli animali, aver bisogno d’un poco di latte per sostentarsi! Un Dio che consola gli afflitti ed è il gaudio del paradiso, che vagisce, che piange, che cerca chi lo consoli!

In somma, dice S. Paolo, che il Figlio di Dio, venendo in terra, Semet ipsum exinanivit (Philip. 2, 7), per così dire, si annichilò. E perché? Per salvare l’uomo, e per essere amato dall’uomo: Ubi te exinanivisti – S. Bernardo – ibi pietas, ibi caritas magis effulsit.6 Sì, caro mio Redentore, che quanto fu più grande il tuo abbassamento nel farti uomo e col nascere bambino, tanto maggiore fu la tua misericordia e l’amore che ci dimostrasti, affin di guadagnarti i nostri cuori.- Gli Ebrei, benché avessero la cognizione così certa del vero Dio con tanti segni loro dati, non erano però contenti, voleano mirarlo da faccia a faccia. Dio trovò il modo di contentare anche questo desiderio degli uomini; si fece uomo per farsi loro visibile: Sciens Deus visendi se desiderio cruciari mortales, unde se visibilem faceret, hoc elegit (S. Petr. Chrys., serm. 47).7 E per farsi a noi più caro, volle farsi vedere la prima volta da bambino, perché in questa guisa riuscisse a noi la sua vista più grata ed amabile. Se parvulum exhibuit, ut se ipsum faceret gratum (Id. Chrys.):8 Si umiliò a farsi vedere picciolo infante, per rendersi con tale abbassamento più gradevole a’ nostri affetti. Exinanitio facta ad usum nostrum (S. Cyr. Alex.),9 mentre questo era già il modo più atto a farsi da noi amare. – Ebbe ragione dunque il profeta Ezechiele di dire che ‘l tempo della vostra venuta in terra, o Verbo Incarnato, doveva essere il tempo degli amanti: Ecce tempus tuum, tempus amantium (Ezech. XVI, 8). E per che altro mai Dio ci ha amati tanto, e ci ha palesati tanti segni del suo amore, se non per esser da noi amato? Ad nihil amat Deus, nisi ut ametur, dice S. Bernardo.10 E lo disse prima lo stesso Dio: Et nunc, Israel, quid Dominus Deus tuus petit a te, nisi ut timeas… et diligas eum ? (Deuter. X, 12).

Egli per obbligarci ad amarlo non ha voluto mandare altri, ma ha voluto esso stesso con farsi uomo venire a redimerci. Fa una bella riflessione S. Giovan Grisostomo su quelle parole dell’Apostolo: Non enim angelos apprehendit, sed semen Abrahae (Hebr, cap. II).11

Dimanda il santo (Hom. in loc cit.): Quare non dixit, suscepit, sed apprehendit? Perché non disse S. Paolo semplicemente, Dio prese carne umana, ma disse che la pigliò come per forza, secondo significa più propriamente la parola apprehendit? E risponde che disse così, ex metaphora insequentium eos qui versi sunt;12 per ispiegare che Dio desiderava già d’essere amato dall’uomo, ma l’uomo gli voltava le spalle, e non volea neppure conoscere il di lui amore; onde Dio venne dal cielo e prese carne umana, per farsi così conoscere e farsi amare quasi per forza dall’uomo ingrato che lo fuggiva.

Per ciò dunque il Verbo Eterno si fece uomo, e per ciò ancora si fece bambino. Poteva egli venire a comparir sulla terra uomo perfetto, come comparve il primo uomo Adamo. No, il Figlio di Dio volle comparire all’uomo in forma di grazioso pargoletto, affin di tirarsi più presto e con più forza il di lui amore. I bambini per se stessi si fanno amare e si tiran l’amore di ciascun che gli guarda. A questo fine, dice S. Francesco di Sales, il Verbo divino fé vedersi bambino, per conciliarsi così l’amore di tutti gli uomini.13 E S. Pier Grisologo scrive: Et qualiter venire debuit qui voluit pellere timorem, quaerere caritatem? Infantia haec quam barbariem non solvit, quid non amoris expostulat? Sic ergo nasci voluit qui amari voluit, non timeri (Serm. 138).14 Se il nostro Salvatore – vuol dire il santo – avesse preteso colla sua venuta di farsi temere e rispettare dagli uomini, più presto avrebbe presa la forma d’uomo già perfetto e di dignità regale; ma perché egli veniva per guadagnarsi il nostro amore, volle venire e farsi vedere da bambino, e tra’ bambini il più povero ed umile, nato in una fredda grotta, in mezzo a due animali, collocato in una mangiatoia e steso sulla paglia senza panni bastanti e senza fuoco. Sic nasci voluit qui amari voluit, non timeri.– Ah mio Signore, chi mai dal trono del cielo vi ha tirato a nascere in una stalla? È stato l’amore che portate agli uomini. Chi dalla destra del Padre dove sedete, vi ha messo a stare in una mangiatoia? Chi dal regnare sulle stelle vi ha posto a giacere sulla paglia? Chi da mezzo agli angeli vi ha collocato a stare in mezzo a due animali? È stato l’amore. Voi infiammate i Serafini, ed ora tremate di freddo? Voi sostenete i cieli, ed ora avete bisogno d’esser portato al braccio? Voi provvedete di cibo gli uomini e le bestie, ed ora avete bisogno d’un poco di latte per sostentarvi la vita? Voi rendete beati i santi, ed ora vagite e piangete? Chi mai vi ha ridotto a tanta miseria? È stato l’amore. Sic nasci voluit qui amari voluit, non timeri.

Amate dunque, amate, o anime, esclama S. Bernardo, amate pure questo bambino ch’è troppo amabile: Magnus Dominus et laudabilis nimis. Parvulus Dominus et amabilis nimis (Ser. 17, in Cant.).15 Sì, questo Dio, dice il santo, era già prima ab eterno, com’è anche al presente, degno d’ogni lode e rispetto per la sua grandezza, come già cantò Davide: Magnus Dominus et laudabilis nimis. Ma ora che lo vediamo fatto picciolo bambinello, bisognoso di latte, e che non può muoversi, che trema di freddo, che vagisce, che piange, che cerca chi lo prenda, chi lo riscaldi, chi lo consoli: ah che ora egli si è fatto troppo amabile a’ nostri cuori! Parvulus Dominus et amabilis nimis.16 Dobbiamo adorarlo come Dio, ma a pari della riverenza deve in noi regnare l’amore verso un Dio così amabile e così amante. –Puer cum pueris – ci avverte S. Bonaventura – cum floribus, cum brachiis libenter esse solet.17 Se vogliamo compiacere questo Fanciullo, vuol dire il santo, bisogna che ci facciamo fanciulli anche noi, semplici ed umili; portiamogli fiori di virtù, di mansuetudine, di mortificazione, di carità; stringiamolo tra le nostre braccia coll’amore. E che aspetti più di vedere- soggiunge S. Bernardo – o uomo, per darti tutto al tuo Dio? Vedi con quanta fatica, con quale ardente amore è venuto dal cielo il tuo Gesù a cercarti: Oh quanto labore, et quam ferventi amore quaesivit animam tuam amorosus Iesus! Senti, siegue a dire, com’egli appena nato a guisa de’ bambini co’ suoi vagiti ti chiama, come dicesse: Anima mia, te cerco; per te e per acquistarmi il tuo amore son venuto dal cielo in terra: Virginis uterum vix egressus dilectam animam tuam more infantium vocat, a, a, Anima mea, anima mea, te quaero, pro te hanc peregrinationem assumo.18

Oh Dio, che anche le bestie, se noi loro facciamo qualche beneficio, qualche piccolo dono, ci sono così grate, ci vengono appresso, ci ubbidiscono al loro modo come sanno, danno segni d’allegrezza quando ci vedono. E noi perché poi siamo così ingrati con Dio, che ci ha donato se stesso, ch’è sceso dal cielo in terra, e s’è fatto bambino per salvarci e per essere amato da noi? Or via amiamo il Fanciullo di Betlemme, Amemus Puerum de Bethlehem, esclamava l’innamorato S. Francesco;19 amiamo Gesù Cristo, che con tanti stenti ha cercato di guadagnarsi i nostri cuori.

 

Fonte: hppts://intratext.com