La Nascita di Gesù

 

LE MEDITAZIONI del Beato Bartolo Longo per

I QUINDICI SABATI DEL ROSARIO

Misteri Gaudiosi

Primo Mistero Gaudioso.

L’Annunciazione dell’Angelo a Maria Vergine. 

 

  1. Finalmente si aprono i cieli e discende nel mondo Colui che dai Profeti è chiamato il giusto, il desiderio dei patriarchi, l’aspettato delle genti, l’inviato del Signore. Compiute sono le settimane di Daniele; avverate le profezie di Giacobbe, poiché lo scettro di Giuda è già passato in mano di Erode, re straniero. Una fanciulla, restando vergine, deve dare al mondo un Uomo, che è il Figlio dell’Altissimo.

Anima mia, intendi tu che vuol dire: il Verbo si fa uomo?… O bontà e misericordia infinita del Signore! Tanto dunque ti amò questo Dio, da volere che il suo Figlio Unigenito si fosse “umiliato sino ad assumere la condizione di servo” (Fil 2,7)?

E ciò, affinché potesse patire e morire su di una croce per riscattarti dall’inferno e aprirti le porte del paradiso! Per sacrificarsi ogni giorno sugli altari e dimorare sempre con te, dandosi pure in cibo nella santa Eucaristia!

Santissima Trinità, vi adoro umilmente, e vi ringrazio di tanto amore. Il Padre dà agli uomini il suo Figlio: il Verbo consente di farsi Uomo, e lo Spirito Santo si offre di operare questo grande mistero. Qual è la mia corrispondenza a tanta carità?

Considera, anima mia, da un canto l’altissima dignità e i sublimi favori della Vergine Beata, dall’altro la perfetta umiltà di Lei. È un Dio che crea Immacolata Colei che doveva essergli madre; e dal primo momento della concezione di lei ne eleva la santità oltre ogni vetta. Ecco le parole del Signore nel Cantico dei Cantici: “… le fanciulle sono senza numero, ma unica è la mia colomba, la mia perfetta…” (Ct 6,8-9).

E questa fu la madre di Dio eletta per l’umiltà somma che in Lei rifulse.

Nella Cantica Maria è assomigliata al nardo odorifero: perché, dice Sant’Antonino, la piccola e odorosa pianticina del nardo figura l’umiltà di Maria, il cui odore salì al cielo, e trasse nel suo seno verginale il Verbo divino. Poiché, aggiunge lo stesso santo arcivescovo domenicano, l’umiltà della Vergine fu la disposizione più perfetta e più prossima ad essere Madre di Dio. San Bernardo conclude: Se Maria piacque a Dio per la sua verginità, non di meno fu per l’umiltà che concepì il Figlio di Dio. La Vergine stessa, apparendo un dì a S. Brigida, disse: Donde io meritai una tal grazia di esser fatta Madre del mio Signore, se non perché conobbi il mio niente, e mi umiliai? E per attestarla a tutte le genti Ella lo aveva significato nel suo umilissimo Cantico: “Perché Dio ha guardato l’umiltà della sua serva… Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente” (Lc 1,48-49). Gli occhi umilissimi di Maria come di semplice ed umile colomba, coi quali Ella rimirava sempre la divina grandezza, non perdevano mai di vista il proprio nulla. E fecero tal violenza a Dio stesso, che l’Altissimo fu tratto nel seno di Lei: “Come sei bella, amica mia, come sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe” (Ct 6,1).

E dal suo canto il Signore, per maggiore merito di questa madre, non vuole farsi di lei figlio senza averne prima il consenso. Le spedisce un messaggero celeste, l’Arcangelo Gabriele, la forza di Dio, per rivelarle il grande avvenimento dell’Incarnazione del Verbo nel seno di lei.

O grande, o santa umiltà di Maria! Tu rendesti questa madre piccola a se stessa, ma grande davanti a Dio! indegna agli occhi suoi, ma degna agli occhi di quel Signore immenso che non è compreso dal mondo! E come, o Signora, esclamerò anch’io con San Bernardo, come hai potuto unire nel tuo cuore un concetto di te stessa così umile, con tanta purità, con tanta innocenza, con tanta pienezza di grazia che Tu possiedi?

O Regina umilissima, Dio ti salvi; per te e da te cominciò l’opera della nostra redenzione. Deh! fammi parte della tua umiltà, e dammi il perfetto amore di te e del tuo Figlio.

 

  1. Anima mia, guarda: l’Angelo non è inviato alle grandi città, ai palazzi dei principi, alle figlie dei re ornate di oro, ma a Nazaret, piccola città, ad una Vergine, sposa di Giuseppe l’artigiano. Non è dunque la nascita, né i doni della natura che traggono gli sguardi di Dio; il vero merito ai suoi occhi è l’umiltà, la modestia, l’innocenza dei costumi, l’amore della purità.

Viveva Maria solitaria nella sua povera casetta, come fu rivelato a santa Elisabetta benedettina; e sospirava e pregava Dio più intensamente che mai perché mandasse al mondo il Redentore promesso, allorché le apparve l’Arcangelo Gabriele.

Tre titoli le dà questi di una incomprensibile grandezza.

Il primo riguarda Lei stessa: Ti saluto, o piena di grazia: cioè Tu sei la più santa fra tutte, Tu sei un tesoro di tutte le grazie e favori di Dio. Il secondo riguarda Dio: il Signore è con te: cioè Tu sei da Lui protetta, accompagnata, governata. Il terzo riflette gli uomini: benedetta Tu fra le donne: cioè Tu sei privilegiata, innalzata sopra tutti… Con quale rispetto indirizziamo noi queste medesime parole a Maria quando recitiamo il suo Rosario?

E Maria si turba alle parole di un Angelo che le parla di Dio. Le lodi la molestano, la spaventano: niente Ella appropria a se stessa, ma tutto a Dio. Ella si turbò, come rivelò a S. Brigida, perché, essendo piena di umiltà, aborriva ogni sua lode, e desiderava che il solo suo Creatore e Datore di ogni bene fosse lodato e benedetto.

Qual differenza tra Maria e Lucifero! Lucifero, vedendosi dotato di gran bellezza, aspirò come dice lsaia, ad esaltare il suo trono sulle stelle e rendersi simile a Dio. E che avrebbe detto e preteso il superbo, se mai si fosse veduto ornato dei pregi di Maria? L’umile Verginella non fece così: quanto più si vide esaltata, tanto più si umiliò: e questa umiltà fu la bellezza onde innamorò il Re dei re. “E si domandava che senso avesse un tale saluto” (Lc 1,29).

E tu, anima mia, come imiti Maria nelle lodi pericolose, che ti danno gli uomini? Ohimè! piena di orgoglio, tu credi di meritarle, te ne compiaci, e se mostri di rigettarle, ciò fai per procurarne altre maggiori! Quante vergognose cadute, effetto dell’adulazione!…

O Maria, o divina riparatrice di tutti i nostri mali, o degna Madre di Dio, quanto mi confonde la tua umiltà! Ecco, per questo… “tutte le generazioni ti chiameranno beata” (Lc 1,48). Quanto mi dolgo di aver offeso tante volte il mio Dio, con la mia superbia, e contristato il tuo Cuore dolce. Ma se mi guardi con l’occhio pietoso di Madre, presto sarò con Lui riconciliato: se saprò amarti, cesserò di essere infelice. Ma nella tua mano sono tutte le grazie: Tu puoi salvare chi vuoi. O piena di grazia, salva quest’anima mia.

 

  1. Finalmente, rassicurata che non perderà la sua verginità, Maria dà il suo consenso con due parole: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,28). O parole benedette, che hanno consumato il mistero dell’Incarnazione, hanno compiuto le profezie e riparato la disubbidienza dei nostri primi padri, e le dolorose conseguenze del triste colloquio di Eva con l’Angelo delle tenebre! Parole ammirabili in cui risplende la fede più viva, l’umiltà più profonda, l’obbedienza più sommessa, l’amore più tenero, l’abbandono più perfetto alla volontà divina. Parole, che la Chiesa per riconoscenza mette tre volte al giorno sulle labbra dei suoi figli. Dille anche tu continuamente, anima mia, e con i sentimenti medesimi di Maria.

Impara ad essere umile e rassegnata a ciò che dispone Iddio sopra di te. Confonditi: sei tanto maligna e tanto dissimile da Maria e, quel che è peggio, non sai piangere, né sai pregare. Comincia almeno da ora a ravvederti del tuo deplorevole stato, detesta la tua vita disordinata, comincia a darti all’orazione. E, se ti senti un cuore di macigno, volgiti a Maria, e pregala che per amore di questa sua Annunciazione voglia scambiare il tuo cuore col Cuore suo così umile e così puro.

O gran Madre di Dio, mare immenso di grazie e di beatitudine, beato sarò ancor io, se vivrò sotto la tua protezione. Sì, da questo giorno io non lascerò mai sino alla morte di salutarti, di amarti, d’invocarti con l’orazione tua prediletta, che Tu stessa mi hai insegnata, col santo Rosario. Esso ogni dì mi ricorda la tua esimia umiltà, la tua purità e pienezza di grazia, la tua divina maternità, la mia redenzione e salvezza. Tu, ai giorni nostri, hai aperto una fonte di grazia tra le rovine della famosa Pompei, presso la città della morte, per dimostrare ai peccatori che chiudono la morte nell’anima, come da te verrà la vita a tutti quelli che t’invocano, o Regina del Rosario di Pompei; per rivelare al mondo che scaccia dal suo seno Gesù, come Tu, o Sovrana della Nuova Pompei, ridonerai Gesù all’agitata umana famiglia con vita novella di grazia e di fede. Deh, Madre di misericordia, fa’ che Gesù regni nel mio cuore; vi regni da re, da assoluto padrone, da Signore delle forze e delle potenze mie, sì che dalla vita di Lui io viva e in Lui io mi consumi, per vivere di Lui e con Lui per l’eternità!

Sii benedetta e amata da tutti i popoli, o Signora della Valle di Pompei, o nostro rimedio, nostra consolazione, nostra gloria. Amen.

VIRTÙ – Umiltà

Fonte: I quindici sabati del beato Bartolo Longo, formato digitale