Pensiero del giorno 15 giugno

Ave Maria!

“State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro, che è nei cieli”. Mt 6,1-6

Chi opera per Dio e chi opera per gli uomini.

Gesù Cristo dopo aver promulgato i precetti che compivano e perfezionavano l’antica Legge, passa a mostrare come si deve operare il bene, mettendo la creatura dinanzi al Signore come figlia amorosa che cerca Lui solo sopra tutte le cose. La Legge, infatti, soprattutto per i farisei, era diventata tutta una pratica esteriore alla quale l’anima era quasi completamente estranea; la sua sterile osservanza costituiva un mezzo per farsi onorare e per gonfiarsi in una stupida vanità. Era necessario, perciò che la pratica della Legge diventasse vita dell’anima e relazione d’amore con il Signore, perché solo così poteva essere fonte di pace e di felicità interiore. Che cosa si guadagna a fare le cose per gli uomini? Nient’altro che un gonfiore fastidiosissimo di vanità, degna ricompensa di un’opera vana. L’unzione interiore della grazia di Dio, la sazietà del bene che appaga l’anima, la tranquilla pace di chi si è levato in alto, là dove non si avverte più il soffio tempestoso delle passioni, l’amore soavissimo verso Dio che nelle opere buone si infiamma di più, la libertà dello spirito, la calma e caritatevole relazione verso le creature, l’aspirazione al premio eterno che rende facile l’atto di virtù: tutto svanisce quando si fa il bene per rispetto umano. Chi opera per gli uomini perde ogni semplicità e ogni libertà: è schiavo dei giudizi; è disingannato dagli apprezzamenti disparati che si fanno sulle sue azioni; rimane impigliato in una rete che lo soffoca e dalla quale non sa districarsi; è scontento di sé e rimane sempre scontento degli altri.

Operare per Dio solo, sentirlo Padre, dover rendere conto a Lui solo, rinchiudersi nel suo amore come in una cella di pace: quale felicità! Essere contenti di piacere a lui solo, e nel medesimo tempo, stimare come un nulla quello che si fa per lui solo, umiliandosi, rimpicciolirsi fino a farsi quasi come un cristallo, una limpida goccia che riflette la sua luce e ne è tutto inondata: quale nobiltà! Operare per Dio significa essere piante feconde che danno frutti abbondanti; operare gli uomini significa essere parassiti dello spirito, erbacce d’apparenza, piante selvatiche che danno un fiore velenoso e muoiono senza frutto. Operare per Dio è la vita, perché allora l’anima è terra fertilissima, irrigata nella pienezza dei raggi solari; operare per gli uomini è la morte.

Dio solo, Dio solo! Che cosa può darci l’occhio umano?

Nulla vede, nulla conosce, nulla apprezza per quello che è; passa magari sulle tre opere con una sterile compiacenza, ma essa è come goccia d’acido sul germoglio vivo: lo penetra per ucciderlo, è assorbito e lascia lo stelo intristito. L’occhio di Dio è sole splendente, è pioggia di grazie, è semente di nuove opere sante, è caldo d’amore che fa sbocciare l’anima.

Dio solo, Dio solo!

Quanta Sapienza sta, dunque, in queste parole di Gesù Cristo: “Guardatevi dal fare le vostre opere buone dinanzi agli uomini per essere visti da loro, altrimenti non ne avrete la ricompensa dal Padre vostro che sta nei cieli”.

Ma perché Gesù Cristo parla di ricompensa e non di amore?

Non sarebbe più bello operare per amore di Dio, anziché per il premio? La ricompensa del Signore è precisamente l’amore, poiché in questo consiste la felicità eterna: raggiungerlo, vederlo, apprezzarlo, amarlo. Operando per lui sulla terra, Egli ci si comunica; si fa sentire come sommo bene; si fa conoscere, e ci abbraccia con un amplesso di grazie. La ricompensa è Lui stesso, e perciò l’operare per lui non è per noi un egoismo ma uno slancio d’amore; non è un interesse, ma una dedizione e, da parte di Dio, non è misura del prezzo sulla stadera ma è effusione di carità benefica, è corrente che penetra ogni attività e la illumina, quasi lampada accesa dell’amore. Operare per Dio, dare tutto a Lui, impoverirsi di sé per Lui, è lo stesso che ricevere, arricchirsi, vivere, e perciò l’Amore che risponde al povero nostro amore è chiamato ricompensa, ossia scambio, flusso del calore nel gelo, della vita nella morte, del Tutto nel nulla. Guardatevi, dice Gesù, attendite, cioè ponderate bene quello che fate operando per gli uomini: Non avrete la ricompensa del Padre vostro che sta nei cieli; chiudete il tesoro eterno per aprire il povero e nudo abisso umano. È una perdita immensa, è un barattare il brillante per la goccia di fango.  Dio solo!

Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo

Santa Giornata!

Giaculatoria da ripetersi durante il giorno:

O Cuore di Gesù, dolcissimo redentore del mondo salvaci!