Pensiero del giorno 30 marzo 2023
Con un bacio… Gesù tradito dall’amico
Amico, perché sei venuto?
Noi ci domandiamo quale reazione ci fu in Gesù all’avvicinarsi del traditore. Non c’è dubbio che il Signore non poté lasciarsi ingannare. Egli conosceva benissimo quali erano le disposizioni del miserabile e di questa conoscenza Egli aveva dato prove abbondanti nei giorni passati. Come accolse dunque Gesù il traditore, dal momento che Egli conosceva perfettamente quale oscena commedia stesse rappresentando? […].
Come uomo, Gesù non poteva non sentire umanamente. Quel complesso mostruoso di calcolata malizia e di spietata crudeltà che Egli vedeva nel tradimento di Giuda non poteva non ferirlo crudelmente. In modo speciale doveva affliggerlo, fin nel più intimo del Cuore, la nera ingratitudine dell’ex discepolo. E di ciò abbiamo una prova nel salmo 40 che è certamente messianico. Ecco dunque come suonano le parole del salmo che si debbono attribuire a Gesù: «Anche il mio amico del quale mi ero fidato, che mangia il pane con me, ha mosso contro di me il suo calcagno!». In quel “anche il mio amico” vi è uno stupore doloroso che trafigge il cuore. Nel salmo 54, che però non è messianico ma che pare riflettere la medesima situazione, questo sentimento di disgusto per il tradimento dell’amico è ancora più accentuato. Questo salmo è espressione dell’indicibile amarezza provata dall’autore di fronte al tradimento dell’amico teneramente amato e lungamente beneficato. Amarezza tutta umana, e, come tale, propria anche di Gesù. «Se il mio nemico mi avesse maledetto – dice il salmista –, l’avrei sopportato, / se colui che mi odia fosse insorto contro di me, mi sarei nascosto. / Ma eri tu, compagno mio, amico mio e mio familiare / tu col quale ebbi comune la vita e col quale ero solito andare al tempio tra la folla in festa». Certo, tutti questi sentimenti così umani, così naturali, così istintivi dovette provarli anche Gesù, che era uomo come noi.
Ma la somiglianza tra Gesù e il salmista finisce qui. Perché, mentre quest’ultimo conclude il suo lamento con grido terribile d’ira, imprecando sopra l’amico traditore tutte le maledizioni, Gesù invece risponde al più odioso dei tradimenti con la voce accorata e affettuosa di un amico sempre pronto a dimenticare tutto. Il contrasto è vivissimo. Basta accostare le parole del salmista, che è un semplice uomo incapace di trascendere i confini di una pura, per quanto fondatissima, giustizia e le parole di Gesù che di un colpo ci trasporta nel mondo di un infinito amore. Ecco dunque le parole del salmista: «Cada la morte sopra di loro, ancora vivi siano precipitati negli inferi perché la cattiveria è entrata nelle loro case, in mezzo a loro!». Ed ecco le parole di Gesù a Giuda: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?» (Lc 22,48). E immediatamente dopo, con un tono di indicibile strazio: «O amico, sei venuto per questo!». Questa versione modificata del latino corrisponde al testo greco che non contiene certamente una domanda (“perché sei venuto?”), ma un rimprovero stupito e doloroso: «È per questo che sei venuto!».
Ed ora cerchiamo di fermare la nostra attenzione sulle parole di Gesù: amico, è per questo che sei venuto (cioè per tradirmi)! Certo queste parole contengono un rimprovero, ma quanto delicato e discreto! Non è che un richiamo, un accenno rapido, perché il tempo stringe e i soldati – riconosciuto il segnale – hanno già valicato il muro di cinta; un richiamo, un accenno però che lasciano un ampio campo di riflessione. Era come dire: Giuda, amico mio, dove sei arrivato! A quel punto ti ha portato la passione! C’è però ancora tempo, rientra in te stesso. Io voglio ancora essere per te l’amico e compagno. Giuda, amico mio!
Queste ultime, incredibili parole sono un documento di primaria importanza per comprendere i sentimenti di Gesù di fronte a Giuda. Non c’è il minimo dubbio (Dio ci guardi dal pensare il contrario!) che esse sono l’espressione della verità. Gesù intende rimanere, per quanto lo riguarda, sempre l’amico di Giuda. Nulla dovrà essere cambiato tra Lui e Giuda, purché lo sciagurato discepolo voglia almeno rispondere al suo invito. Giuda, amico mio! Era come dire: tu mi vendi con un bacio di morte ai miei nemici, io sono pronto ad offrirti il bacio della vera amicizia e della vita. Tu mi odi, ma io ti amo. Tu vuoi perdermi, ma io ti voglio salvare! C’è ancora tempo, Giuda, amico mio!
Gesù desidera sul serio e con tutte le forze di salvare Giuda e di ristabilirlo nella sua amicizia. Noi non abbiamo udito le meravigliose parole dette da Lui al traditore in quella notte di agonia, ma ci par di udirle pronunciare con accento straziante, impregnate di pianto: Giuda, amico mio! È come un ultimo appello angosciato, quasi disperato, all’amico che sta definitivamente perdendosi perché impenetrabile al richiamo della grazia.
Quelle parole, che per il momento passarono quasi inavvertite all’infelice discepolo, dovettero più tardi ritornare alla memoria di Giuda come un ricordo insopportabile, come un rimorso acuto e penetrante, perché poche ore dopo il traditore lo rivediamo in uno stato di agitazione incontenibile. Quel denaro che aveva tanto agognato, non lo vuole più. Gli scotta nelle mani. È una maledizione. In preda a un’eccitazione straordinaria, Giuda ritorna al sinedrio, riporta il denaro ai capi del popolo, tenta di disfare l’obbrobrioso contratto: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente!» (Mt 27,4). Certamente Giuda non riflette più perché altrimenti mai avrebbe immaginato che quei politicanti senza scrupoli fossero disposti a distruggere quello che avevano raggiunto con tanti e reiterati sforzi. «Che ci riguarda? Veditela tu» (Mt 27,4). Giuda perde la testa. Con un gesto disperato getta i denari nel tempio e va a impiccarsi. Come spiegare quell’improvviso cambiamento di Giuda? E come spiegare quella strana e intollerabile agitazione?
Come spiegare il gesto da pazzo e la funesta e lugubre conclusione? Non è inverosimile credere che le parole di Gesù, piene di dolcezza e di perdono, abbiano risuonato nell’anima del traditore come un rimorso e nello stesso tempo come speranza. Amico! Amico! È per questo che sei venuto! Giuda, amico mio, con un bacio! Sono gli ultimi bagliori della grazia, ai quali segue la visione fosca di un delitto che, ora, anche allo stesso Giuda, sembra imperdonabile! L’infelice ha la testa in fiamme. Noi non ci arrischiamo, neppure in via di semplice ipotesi, ad analizzare la tragedia di quell’anima. Ma questo è appunto il mistero del male, che l’uomo trasforma la grazia che dovrebbe salvarlo in perdizione. Gesù perseguita l’anima col suo implacabile amore fino agli ultimi momenti, fino sull’orlo dell’eternità, e l’anima lo respinge un’ultima volta e si precipita nella rovina senza rimedio. Questo è il mistero del peccatore che si perde. Il mistero tremendo, impressionante, di Giuda.
Noi non disprezzeremo quest’uomo, perché il disprezzare non è proprio di un cristiano, ma non potremo dimenticare che il principio della rovina è il raffreddarsi nell’amicizia con Gesù, e l’ultimo epilogo è il respingere quest’amicizia definitivamente. Tutta la vita del cristiano deve essere vista in funzione di questa santa e divina amicizia. «Se qualcuno non ama il Signore nostro Gesù Cristo sia anatema!» (1Cor 16,22).
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Se tutte le volte che la passione turba e lusinga l’uomo di carne, mi ricordassi le parole del Maestro: «Amico, per questo sei venuto!». Amico, sei venuto dunque per vendermi, e… a quale prezzo! Se mi ricordassi di quelle parole, potrei passare avanti e consumare (ch’io ne abbia la coscienza o no) il tradimento di Giuda?
tratto da La Passione di Gesù, Don Eugenio Bernardi
Fonte: Il Settimanale di P Pio
SANTA GIORNATA!