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Omaggi a Maria Corredentrice
dal Numero 14 del 3 aprile 2022
di Cornelio Alapide

Sotto la Croce di Gesù troviamo sempre la Madre Addolorata, immersa nel dolore di una nascosta ma reale generazione. Quanto grande il suo dolore? Tanto quanto il suo amore. Attraverso i pensieri di santi e teologi, cerchiamo di penetrare nel mistero della Corredenzione mariana.

 

«Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala» (Gv 19,25)

Cristo volle che sotto la Croce ci fosse anche Maria Maddalena, perché tra le sue discepole era quella che più lo amò, affinché ancor più lo amasse nel vederlo lavare con il proprio sangue quei peccati che lei, poco prima, aveva lavato con le sue lacrime. Ma volle che principalmente ci fosse la Madre sua, per aggiungere ai propri patimenti quelli della Madre Addolorata e anche per darci in Lei un esempio di perfetta carità e compassione, nel compatire con Lui. 

Così si doveva compiere la profezia del santo vecchio Simeone: «Una spada ti trafiggerà l’anima» (Lc 2), come dice il Damasceno: 

«Beata e stimata degna dei doni al di sopra della natura, quei dolori a cui era sfuggita nel partorire, invece, Maria li subi? al tempo della Passione, soffrendo la lacerazione delle sue viscere a causa della sua compassione materna» (La fede ortodossa, 4, 14, 59). 

Certamente, quanto più uno è santo, tanto più è vicino a Cristo, e maggiore è il calice della Passione che Cristo gli porge. Eutimio afferma che la Beata Vergine era la più vicina alla croce, vincendo il timore dei giudei con il fuoco dei suoi sentimenti. Nel Santo Sepolcro si venera il posto dove si trovava la Madre di Gesù, con le altre due Marie: si trova a circa 8 metri dal punto esatto dove era stata piantata la croce di Gesù (“Quindici ulne“, secondo la descrizione del Santo Sepolcro fatta da Adrichomio [Christian Kruik van Adrichem, + 1585]).

Stava, dunque, corporalmente alta ed eretta, con l’anima ancor più elevata, osservando ed ammirando il grande sacramento della pietà, ossia, Dio in croce. Un testo antico attribuito a san Girolamo (o a san Sofronio), così la descrive: 

«Poiché patì nello spirito, fu più che martire. Certamente il suo amore fu più forte della morte, perché fece sua la morte di Cristo» (Omelia sull’Assunzione della B. V. Maria). 

Sant’Ildefonso, in un’omelia attribuita a lui: 

«Ella fu più che martire, perché nella sua anima il dolore non fu minore del suo amore: è stata ferita interiormente dalla spada, ed era pronta a soffrire anche nel corpo, se non fosse mancata la mano del carnefice. La Beata Madre di Dio, giustamente è più che una madre martire che, ferita dall’eccesso di amore, fu la testimone del Salvatore e, con il dolore dell’anima, ha sostenuto la crudeltà della passione» (Omelia 2 sull’Assunzione).

Eadmero di Canterbury aggiunge: 

«Tutto quello che di crudele fu inflitto ai corpi dei martiri fu poco o nulla, in comparazione alla tua passione che, nella sua immensità, certamente trafisse tutta la tua interiorità e la parte più intima del tuo benevolissimo cuore. Pia Signora, non crederei che in nessun modo tu avessi potuto sostenere le afflizioni di tanto dolore senza perdere la vita, se lo stesso spirito della vita, lo spirito di consolazione – ossia, lo spirito del tuo dolcissimo Figlio, con il quale, morente, ti affliggevi –, non ti avesse insegnato interiormente che la morte non lo avrebbe annientato ma, piuttosto, sarebbe stata il trionfo che gli avrebbe sottomesso ogni cosa; tutto questo tu vedevi avverarsi nel tuo figlio morente, stando davanti a lui» (Libro sull’eccellenza della Vergine Maria, c. 5; PL 159, 567b).

Nel Lamento della Vergine Maria, attribuito a san Bernardo: 

«La lingua non può dire, né la mente pensare, da quanto dolore siano state afflitte le pie viscere di Maria. Ora la Vergine ha assolto, pagando anche l’interesse, ciò che nel parto non ebbe dalla natura. Partorendo il Figlio non hai sentito il dolore che, invece, hai patito mille volte replicato dal Figlio morente».

Santa Matilde, nel primo libro delle Rivelazioni, al capitolo 56, narra di aver visto un Cherubino salutare la Vergine 

«a causa dell’amore con il quale Lei, al di sopra di ogni creatura sulla terra, ha amato Dio; perché nella Passione del suo Unigenito in Lei prevalse tanto l’amore, da vincere ed estinguere totalmente ogni umano affetto; perché mentre ogni creatura era affitta per la morte del Figlio di Dio, Lei sola immobile e gioiosa con la divinità, [nonostante la crudele afflizione del suo cuore materno] volle che il Figlio suo fosse immolato per la salvezza del mondo».

Giovanni Gersone, cancelliere dell’Università di Parigi, commentando il Magnificat, afferma che la Beata Vergine, mentre stava ritta presso la croce, avesse praticato un altissimo atto di obbedienza, offrendo il Figlio al Padre e conformando se stessa alla divina Volontà nell’acerbissima morte del Figlio; non fu ornata di minore fortezza [anzi, ne ebbe molta di più], rispetto alla madre dei sette Maccabei, dei quali è scritto: 

«Soprattutto la madre era ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché, vedendo morire sette figli in un solo giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. Esortava ciascuno di loro nella lingua dei padri, piena di nobili sentimenti e, temprando la tenerezza femminile con un coraggio virile, diceva loro: “Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato il respiro e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il Creatore dell’universo, che ha plasmato all’origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo il respiro e la vita, poiché voi ora per le sue leggi non vi preoccupate di voi stessi”» (2Mac 7,20-23). 

Nemmeno la costanza di Maria fu minore [anzi, molto maggiore], rispetto a quella di santa Felicita che, mentre esortava i sette figli a perseverare nella fede, li vide essere martirizzati in vario modo; e nemmeno rispetto a quella di santa Sinforosa che fu per i sette figli maestra nella fede e, parimenti, conducente al martirio.

Quanto fu il dolore della Vergine, lo descrive santa Brigida, dove dice, tra le altre cose: 

«Il dolore del Figlio era il mio dolore, perché il suo cuore era il mio» (Rivelazioni, libro 1, cap. 10. 27. 35 e libro 4, cap. 23 e 70).

Cosa si deve pensare degli spasimi della Vergine Madre? Secondo alcuni, appena vide Gesù appeso alla croce, Maria cadde a terra per l’ingente dolore. Così afferma santa Brigida, san Bonaventura, san Bernardo, sant’Agostino, san Lorenzo Giustiniani, Dionigi Certosino, Daniel Mallonius, e molti altri (1).

Alcuni lo confermano per il fatto che gli storici della Terra Santa hanno tramandato che sulla via del Calvario c’era un tempio antichissimo, diroccato dai turchi e trasformato in stalla per i loro cavalli, il quale era chiamato “Santa Maria dello spasimo”, perché là Maria, stando in quella via che il popolo chiama “dell’amarezza”, cadde svenuta, vedendo il Figlio in croce. Inoltre, il Gaetano, nell’opuscolo Lo spasimo della Vergine Maria, alla fine del 2 opuscolo, riferisce che si celebrava la festa dello spasimo della Vergine, con ottava, e quelli che la celebravano chiesero al Papa le indulgenze. [In verità, ancor oggi esiste a Gerusalemme la Chiesa dello Spasimo, e si trova tra la IV e la V stazione della Via Crucis, ma vi si venera l’incontro di Gesù con la Madre afflitta, durante la salita al Calvario, prima della crocifissione. È la chiesa principale dell’esarcato patriarcale di Gerusalemme e Amman della Chiesa armeno-cattolica].

Al contrario, altri autori affermano che la Vergine Maria non sia venuta meno a causa dell’immenso dolore che la trafiggeva. Così affermano sant’Ambrogio, Maldonato, il Gaetano, Toletus, Cristoforo da Castro, Medina, Suarez e altri. Lo provano a motivo della conformità della volontà di Maria con la Volontà divina, a causa della quale anche Maria voleva che il Figlio suo morisse per la redenzione del genere umano; inoltre, a causa della fortezza e costanza della sua anima, della quale Ella era ornata in modo superiore a tutti gli altri santi. Non conveniva alla Madre di Dio avere alcun difetto, né corporale, né nella parte sensibile dell’anima, né nella parte razionale.

Questa sentenza sembra la più vera e la più degna. Se qualcuno preferisce la prima, però, dica con Salmeron che la Vergine all’inizio stette in piedi, poi cadde a terra per la veemenza del dolore, e poi, riavutasi, si rimise in piedi e così stette fino alla fine, come dice Giovanni nel Vangelo. Dica inoltre, che lo spasimo non le fece perdere coscienza e l’uso di ragione, ma solo staccò il suo spirito dai sensi, così da cadere a terra per mancanza di forze. Tutto questo, inoltre, non accadde contro la volontà di Lei, ma con la sua permissione, per testimoniare agli uomini il suo eccelso amore per Cristo e il dolore della sua compassione. In modo simile, infatti, Cristo nell’orto degli Ulivi, assunse su di sé le passioni della paura, della ripugnanza e dell’angoscia, fino a sudare sangue. Queste passioni, in Cristo e nella Beata Vergine, erano volontarie, spontaneamente assunte o permesse. Entrambi, infatti, erano liberi dalla concupiscenza ed avevano il pieno dominio delle loro passioni, come lo ebbe anche Adamo, prima del peccato, in virtù della giustizia originale e dei doni preternaturali.

Sant’Ambrogio, nell’omelia su L’educazione delle Vergini

«Mentre gli uomini fuggivano, la Madre stava intrepida davanti alla croce. Vedete se la Madre di Gesù poteva alterare il pudore, Lei che mai alterò la sua anima. Guardava con suoi venerabili occhi le ferite del Figlio, dal quale Lei sapeva che sarebbe venuta a tutti la redenzione; la Madre stava ritta senza dare spettacolo indegno, Lei, che non avrebbe temuto l’assassino; il Figlio pendeva dalla croce, e la Madre si offriva ai persecutori; non ignorava il mistero di aver generato colui che sarebbe risorto» (cap. 7).

Eadmero di nuovo: 

«Stava ferma Maria nella fede in Gesù, costantissima e pazientissima: infatti, mentre i discepoli fuggivano e gli uomini si allontanavano, a gloria di tutto il sesso femminile, tra tante percosse ricevute dal suo Figlio, solo Lei stette costantemente ferma nella fede in Gesù, e ci stava con grande bellezza, come conviene al pudore verginale. In tanta afflizione, non si lamentava, non malediceva, non mormorava e nemmeno chiedeva a Dio vendetta dei nemici. Stava, invece, composta, Vergine modesta, pazientissima, piena di lacrime, immersa nei dolori».

Anzi, la Santa Vergine, guardando piamente le ferite di Cristo, fu persino confortata, in quanto Ella sarebbe stata pronta a morire per la salvezza del mondo, come dice sant’Ambrogio, nel commento a Lc 23. 

La Vergine Maria, per fede, forza e ardore, infatti, non era inferiore ad Abramo, che con la propria mano volle immolare il proprio figlio, per comando di Dio (cf. Gen 22). La fede certa e la speranza della Risurrezione lenivano molto il dolore e fortificavano l’anima della Vergine. Credeva con certezza che Cristo, il terzo giorno, sarebbe risorto glorioso, come Lui aveva predetto.

Nota

1) Di questo parere: santa Brigida nel libro 1 delle Rivelazioni, cap. 10 e libro 4, cap. 70; san Bonaventura nelle Meditazioni sulla vita di Cristo cap. 77 e 79; san Bernardo nell’opuscolo sul Lamento della Vergine attribuito; sant’Agostino nella Lettera 58; Lorenzo Giustiniani in Il trionfale combattimento di Cristo, cap. 21; Dionigi Certosino nel Commento a Gv 19,25; Daniel Mallonius ne Le stigmate della sacra Sindone, cap. 17; e molti altri.

* Raccolta tratta dal Commento a Gv 19,25 di Cornelio Alapide, liberamente adattata e modificata.