Pensiero del giorno 7 giugno 2023

Ave Maria!

Gesù risponde alla difficoltà opposta dai sadducei

 La mirabile parola con la quale Gesù era sfuggito al tranello tesogli dai farisei e dagli erodiani e la confusione con la quale questi dovettero ritirarsi suscitarono nell’alto ceto, capeggiato dai sadducei, una certa smania di discutere. Si sa che i sadducei erano la setta alla quale appartenevano le più alte personalità e gli stessi sacerdoti; essi si consideravano come ragionatori e come spregiudicati, e perciò vollero provare a mettere in imbarazzo il Maestro.

La sua allusione a Dio e alla Vita eterna -Date a Dio ciò che è di Dio- li determinò per associazione d’idee a proporgli la tanto agitata questione, fra loro, sulla sopravvivenza delle anime, e lo fecero con una parabola che secondo loro avrebbe dovuto dimostrarne la sussistenza. Per legge, quando un uomo moriva senza discendenza, il fratello doveva sposare la vedova e darle dei figli per conservare legalmente il ramo familiare. Ora, sette fratelli avevano successivamente sposato la stessa donna. “Poiché erano molti l’uno dopo l’altro senza lasciare i figli, nella risurrezione- dissero trionfanti i sadducei-, di chi sarà moglie, se tutti e sette la sposarono?”.

Credevano di non poter avere una risposta soddisfacente, ma Gesù li confuse, dicendo loro che nella risurrezione non ci sarebbe stato bisogno di matrimonio, perché tutti sarebbero stati come angeli di Dio, viventi una vita spirituale e immortale. La procreazione è necessaria perché si muore, e anche per moltiplicare i figli di Dio e i beati nel Cielo; ma nella risurrezione sarà determinato il numero degli eletti e non ci sarà bisogno di accrescerlo.

I sadducei, per dar forza al loro argomento, si erano appellati alla legge di Mosè, e Gesù li richiama proprio al libro di Mosè per convincerli con un argomento perentorio: il Signore dice di essere il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e parla al presente perché lo è ancora; ora se questi patriarchi, morendo, non fossero sopravvissuti, il Signore avrebbe usato un’espressione errata, il che è assurdo supporre. Egli non è il Dio dei morti ma dei vivi, perché dichiararsi il Dio di un’anima, suppone una relazione di vita tra lei e Lui.

Il Signore è il Dio di tutte le cose, anche di quelle inanimate e di quelle morte, perché è Creatore di tutto; ma quando dice di essere il Dio di un’anima, suppone che essa lo conosca, lo adori e lo ami, perché in questo sta il riconoscimento della divinità. Dio è tal indipendentemente dalle creature, ma non può dirsi Dio di un’anima senza che essa attualmente lo riconosca, lo adori e lo ami, il che suppone che essa viva.

Da: Don Dolindo Ruotolo, I quattro Vangeli, Apostolato Stampa, pag. 832-833

 

SANTA GIORNATA!