Fatima e l’ Eucarestia

 

Appello all’Eucaristia
Fatima: la catechesi di Maria

di Don Leonardo M. Pompei

La preghiera di riparazione eucaristica pronunciata dall’angelo del Portogallo, prostrato in profonda adorazione, fu allo stesso tempo catechesi e profezia: a distanza d’un secolo assistiamo allo spaventoso declino del culto eucaristico, accompagnato da ignoranza, irriverenza e sacrilegi.

 

Una delle due preghiere insegnate dall’Angelo di Fatima era totalmente rivolta al culto e all’adorazione dell’Eucaristia in tutte le sue dimensioni: sacrificale, presenza reale, Comunione sacramentale. Il decimo capitolo del testo di Suor Lucia ha come chiara intenzione quella di commentare questa bellissima preghiera, che è bene riportare per esteso:

«Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze con cui Egli stesso viene offeso. E per i meriti infiniti del suo Santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei poveri peccatori». 

L’Eucaristia è in assoluto il bene più prezioso ed importante che la Chiesa abbia e senza dubbio il tesoro più grande che esista sulla terra per tutti gli uomini, che lo sappiano o non lo sappiano, ci credano o non ci credano. La preghiera dell’Angelo del Portogallo aveva certamente una valenza fortemente profetica, perché ad un secolo di distanza si è assistito ad un progressivo svuotamento della fede nell’Eucaristia e a un vorticoso e vertiginoso accrescersi di sacrilegi, oltraggi e indifferenze nei suoi confronti. Anzitutto lo spopolamento delle chiese, con una frequenza alla Santa Messa domenicale che è passata da circa l’80-90% degli anni Venti del XX secolo all’attuale 15-10%, con punte anche estremamente più basse, nei paesi del Vecchio Continente. Al riguardo, le attuali condizioni di paura e disagio presenti in non pochi fedeli a causa della congiuntura epidemica internazionale hanno fatto ulteriormente precipitare la già scarsissima frequentazione del divino Sacrificio. Il senso di riverenza e adorazione dovuti al Signore sono largamente calati e in certi casi quasi del tutto scomparsi. In molte chiese sono addirittura spariti gli inginocchiatoi, inginocchiarsi durante la Consacrazione per moltissimi fedeli è diventato nel migliore dei casi un optional o una pratica riservata a persone devote. Stessa cosa per quanto riguarda il culto dovuto alla presenza di Gesù nei tabernacoli: quanti fedeli entrati in chiesa fanno la doverosa genuflessione al Santissimo Sacramento presente in tutti i tabernacoli della terra? E ancora: quanti ancora ci credono veramente? Quante chiese diventano luoghi non molto dissimili a pubbliche piazze o mercati nel tempo precedente ed immediatamente seguente le celebrazioni? E quante volte, soprattutto nel caso delle chiese d’arte, queste sono trattate peggio di un museo, dato che in questi ultimi luoghi è ordinariamente chiesto e fatto osservare il silenzio, mentre nelle chiese d’arte le frotte dei turisti chiacchierano senza alcun rispetto e senza alcuna cura anche quando nella chiesa si stiano compiendo i sacri riti? E guai se qualcuno si azzarda a dir loro qualcosa o ammonirli! Dilagano purtroppo ormai da molti anni le Comunioni sacrileghe, favorite dal pauroso calo del senso del peccato e dalla quasi scomparsa della coscienza del dovere di accedere alla Confessione sacramentale prima di comunicarsi. Il sacramento della Confessione è praticamente abbandonato o celebrato in maniera superficiale e penosa nei rari casi in cui ad esso ancora qualcuno ricorre. La diffusione della pratica della Comunione sulla mano, oggi purtroppo resa addirittura obbligatoria da non poche Conferenze Episcopali in nome della prevenzione dal diffondersi dei contagi epidemici, non ha certamente favorito quel senso vivo della presenza viva, vera, reale e sostanziale di Gesù nell’Eucaristia, con la conseguente adorazione (fino alla prostrazione, come nella visione di Fatima) dovuta alla santa e divina Maestà.

Interessanti, per fare un riferimento più diretto al testo, le considerazioni di Suor Lucia sul “pro multis” della formula di Consacrazione eucaristica[1]. Diverse Conferenze Episcopali hanno corretto le traduzioni in lingua vernacola della formula latina del Messale Romano, purtroppo non la Conferenza Episcopale Italiana, nemmeno nell’ultima recentissima nuova edizione del Messale. La traduzione corretta (“per molti”, non “per tutti”) non è certamente la negazione della volontà salvifica universale di Dio e del fatto che Cristo abbia versato il suo Sangue per tutta l’umanità. Essa presenta piuttosto la duplice significazione da un lato del fatto che Gesù si è offerto Lui solo – e da solo, unico sacrificio a Dio gradito – per il riscatto dell’intera moltitudine del genere umano; ma anche quella (non meno importante) che purtroppo «non tutti sono interessati e si sforzano di accogliere Gesù nella loro vita, escludendosi da se stessi dalla Redenzione» e quindi un implicito appello alla conversione e all’urgenza della vita di grazia.

Preghiamo ardentemente il Signore, per i meriti del Sacratissimo Cuore e del Cuore Immacolato e tanto addolorato di Maria, che si degni di porre fine a questa lunga e dolorosa crisi dell’Eucaristia in tutte le sue dimensioni, perché da essa dipende l’auspicata e tanto attesa nuova primavera della Chiesa e la salvezza e santificazione di tutti i suoi figli.

[1] Suor Lucia, Gli appelli del messaggio di Fatima, Libreria Editrice Vaticana, pp. 102-103.