Il Pane di Vita

Panis Vitae

Introduzione

«Fate, o Dio onnipotente, che tutti coloro che avranno partecipato alla Vittima offerta su questo altare, ricevendo il Corpo e il Sangue del vostro Figlio, siano ripieni di ogni benedizione celeste e di ogni grazia»

Queste parole sono la conclusione di una delle preghiere, che seguono nel santo sacrificio della Messa, il rito augusto della consacrazione. Come sapete, nostro Signore si rende presente sull’altare, non soltanto per dare al Padre suo, per mezzo di una immolazione mistica che rinnova la sua oblazione al Calvario, un omaggio perfetto; ma ancora per diventare, sotto le specie sacramentali, il nutrimento delle nostre anime.

Gesù Cristo stesso ci ha manifestato questa intenzione del suo Sacro Cuore nell’ora in cui istituiva questo sacrificio: «Prendete e mangiate, poiché questo è il mio corpo» (I Cor,11-24); «Prendete e bevete, poiché questo è il mio sangue» (Lc 22,17,20). Nostro Signore ha voluto rendersi presente sotto le specie del pane e del vino, perché noi lo riceviamo come nostro spirituale alimento.

Ora, se cerchiamo di comprendere perché Cristo abbia voluto istituire questo sacramento sotto forma di nutrimento, vedremo che è, prima di tutto, per conservare in noi la vita divina; poiché avendo da lui questa vita soprannaturale, noi fossimo uniti a lui. La comunione sacramentale, frutto del sacrificio eucaristico, costituisce per l’anima il mezzo più sicuro di rimanere unita a Gesù.

In questa unione con Cristo consiste, come vi ho detto, la vera vita dell’anima, la santità soprannaturale. Gesù è la vite, noi siamo i tralci, la grazia è la linfa che sale nei tralci per fare sì che essi portino dei frutti. Cristo fa abbondare in noi la grazia soprattutto per mezzo del dono di sé stesso nell’Eucaristia.

Contempliamo con fede e riverenza, con amore e confidenza, questo mistero di vita, in cui ci uniamo a Colui che è nello stesso tempo il nostro modello divino, la nostra soddisfazione infinita e la sorgente stessa di tutta la nostra santità (Catechismo del concilio di Trento cap. 20 par. 1). Noi vedremo poi con quali disposizioni dobbiamo riceverlo per arrivare alla perfezione dell’unione, che Cristo vuol realizzare in noi dandoci sé stesso.

I Parte

Allorché, nella, preghiera, domandiamo a nostro Signore di dirci perché ha voluto, nella sua sapienza eterna, stabilire questo ineffabile sacramento, che ci risponde? Ci dice dapprima questa parola che ha fatto sentire la prima volta, quando annunciava agli Ebrei l’istituzione dell’Eucaristia: «Come il Padre che vive mi ha mandato e come io vivo per il padre, così colui che mangia di me vivrà pure per me» (Gv 6, 58). È come se dicesse: Il mio desiderio è di comunicarvi la mia vita divina. Io devo il mio essere, la mia vita, tutto a mio Padre. E poiché io devo tutto a lui, io non vivo che per lui; io desidero di un desiderio immenso che voi pure, che dovete tutto a me, non viviate che per me. La vostra vita corporale si sostiene e si sviluppa per mezzo del nutrimento; io voglio essere l’alimento dell’anima vostra, per mantenerne e svilupparne la vita, che sono io stesso. Colui che mi mangia. vive della mia vita, io possiedo la pienezza della grazia e ne faccio partecipare coloro, ai quali mi dò in nutrimento. Il Padre ha la vita in sé stesso; ma egli ha concesso al Figlio di avere pure la vita in sé stesso. E poiché possiedo questa vita, sono venuto per darla piena ed abbondante. Vi faccio vivere poiché dò a voi me stesso in nutrimento. Io sono il pane vivente, il pane di vita disceso dal cielo per portarvi la vita divina; io sono quel pane che dà la vita del cielo, la vita eterna, di cui la grazia è l’aurora.

Gli Ebrei nel deserto hanno mangiato la manna, alimento corruttibile, ma io sono il pane sempre vivo e sempre necessario alle anime vostre, poiché, «se voi non lo mangiate, condannerete voi stessi a perire».

Queste sono parole stesse di Gesù. Non è dunque solamente perché noi l’adoriamo e perché l’offriamo al Padre suo in soddisfazione infinita, che Cristo si rende presente sull’altare. Non è solamente per visitarci che viene. Viene perché lo riceviamo come nutrimento dell’anima e, ricevendolo, abbiamo la vita, la vita della grazia quaggiù, la vita della gloria lassù.

«Solo il Figlio di Dio, essendo la vita per essenza, può permettere, può dare la vita. L’umanità santa, che si è degnato di assumere nella pienezza dei tempi, a sì intimo contatto di vita, ne prende così bene la virtù, che da essa scaturisce una sorgente inesauribile d’acqua viva. Non è il Pane di vita, o piuttosto non è un pane vivo, che mangiamo per avere la vita? Poiché questo pane sacro è la santa carne di Gesù, la carne viva, la carne congiunta alla vita, la carne tutta ripiena e penetrata da uno spirito vivificante. Se questo pane comune, che non ha vita, conserva quella dei nostri corpi, di quale vita ammirabile non vivremo noi che mangiamo un pane vivo, che mangiamo la vita stessa alla mensa del Dio vivente? Chi mai ha sentito parlare di un tal prodigio, che si potesse mangiare la vita? Soltanto Gesù può darci tale cibo. Egli è la vita per natura; chi lo mangia, mangia la vita. O delizioso banchetto dei figli di Dio!» (Col 2,9). Perciò il sacerdote, quando distribuisce la Comunione, dice ad ognuno: «Il Corpo di nostro Signore Gesù Cristo conservi l’anima tua per la vita eterna!».

Ho detto che i sacramenti producono la grazia che significano. – Nell’ordine naturale, il nutrimento conserva e sostiene, aumenta, restaura e fa sviluppare la vita del corpo (Gv 6,55). Così è di questo pane celeste. Esso è il nutrimento dell’anima che conserva, ripara, accresce e rallegra in essa la vita della grazia, poiché le dà l’autore stesso della grazia.

La vita divina può entrare in noi per altre porte, ma per mezzo della santa comunione inonda le nostre anime «come un fiume impetuoso».

La comunione è talmente un sacramento di vita che da sé stessa rimette e cancella i peccati veniali, ai quali non siamo più attaccati; fa sì che la vita divina nell’anima, riprendendo il suo vigore e la sua bellezza, cresca, si sviluppi e porti abbondanti frutti. O sacro banchetto, in cui l’anima riceve Cristo! – O Gesù Cristo, Verbo Incarnato, Voi, «in cui abita corporalmente la pienezza della divinità» venite in me per farmi partecipare a questa pienezza. È questa per me la vita, poiché «ricevervi è diventare figlio di Dio»; è aver parte alla vita, che avete ricevuta dal Padre e per la quale Voi vivete per il Padre, a quella vita, che dalla vostra umanità trabocca su tutti i vostri fratelli per mezzo della grazia. Venite, che io vi mangi per vivere della vostra vita.

DA:  Don Columba Marmion, “Cristo, Vita dell’Anima”, Ed Vita e pensiero, mi, pag.  397-402