IV Mistero Doloroso in luce trinitaria
Verso il Calvario con Lui e con Lei
IV mistero doloroso in luce trinitaria
di Suor M. Elisabetta della SS. Trinità
Nel santo Rosario troviamo preziosi spunti di meditazione per familiarizzare con il mistero dell’inabitazione trinitaria nella nostra anima in grazia. Per scoprire e approfondire questo sublime dono, vogliamo considerare i venti misteri del Rosario “in luce trinitaria”.
Nel salire il Calvario con Gesù possiamo ripercorrere la Via Crucis che Lui ha seguito e immediatamente lo contempliamo nel momento solenne, e tanto desiderato, dell’abbraccio della Croce. L’abbraccio della Croce significa prendere su di sé il fardello enorme di tutti i nostri peccati per morirvi inchiodato. Gesù abbraccia questo fardello – il nostro peccato personale – e lo porta fino al Calvario, con la veemente brama nel Cuore divino di dare la vita su tale “fardello”.
Il peso fisico della Croce non equivaleva al “peso specifico” spirituale del peccato che la Croce rappresenta in tale ascesa. Non c’è confronto: quello fisico è paragonabile ad una piuma d’oca rispetto al macigno schiacciante del “mio” peccato personale. Ma dal momento storico in cui il Verbo Incarnato abbraccia la Croce, essa diventa il segno della salvezza fino alla fine dei tempi. Ogni volta che facciamo il segno della croce invochiamo su di noi tale salvezza e lo facciamo sempre “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Lo strumento dell’ignominia più vergognosa diventa lo stendardo di salvezza eterna per l’umanità di ogni tempo. Da allora, con il segno della croce veniamo battezzati e il sacerdote ci assolve dai peccati.
Guardiamo, quindi, Gesù trascinarsi sull’erta del Calvario, tra cadute, percosse, insulti e dolori così lancinanti che avrebbero – umanamente – dovuto farlo morire ben prima di giungere al traguardo finale: là, dove la Croce doveva unire la terra al Cielo e sostituire l’albero della morte scelto da Adamo ed Eva con l’albero della vita, l’albero del nuovo Adamo e della nuova Eva.
Nella salita, il Cireneo, così come le pie donne, non sono che un mezzo per arrivare fino in fondo al martirio tanto desiderato. Tante volte, quando ci capita di meditare la Via Crucis, ci viene il pensiero di identificarci nel Cireneo che accompagna e aiuta Gesù nel portare la Croce. Ma sarebbe bene pensare che nella quinta stazione possiamo anche identificarci nella stessa Croce, portata da Gesù con così tanta fatica da aver bisogno che qualcuno lo aiuti a sostenere il peso dei “miei” peccati personali. Di fatto, nell’economia della grazia e della salvezza non siamo mai dei soggetti indipendenti, e solo in Paradiso scopriremo chi ha pregato e offerto per noi, a quale “Cireneo” dobbiamo essere eternamente grati per aver aiutato Gesù a salvare la nostra anima. La nostra riconoscenza andrà soprattutto alla Madonna, Colei che ha condiviso in tutto ogni patimento del Figlio, attraverso una partecipazione che non ha confronto con quella di alcuna creatura.
Il padre Faber, grande mistico del mistero della Corredenzione mariana, scrive che nell’ascendere il Calvario, la Madonna «soffriva in Lui più che in se stessa. Le sofferenze di Lui erano le sofferenze di Lei. Gesù soffriva in Maria come Maria in Gesù. Si scambiavano i Cuori e vivevano l’uno nel Cuore dell’altra, durante tutta la salita al Calvario». Un’espressione molto forte del padre Faber mostra come la Madre divenne per Gesù «una seconda capacità di soffrire moltiplicata». Certo, la capacità di soffrire di Gesù era infinita, perché la sua Persona è divina; quella della Madre, però, era, potremmo dire, “quasi infinita”, per la sua Immacolata Concezione e per essere entrata nella famiglia divina trinitaria – come afferma san Massimiliano M. Kolbe – in virtù della sua Maternità divina.
Gesù stesso ha chiarito a santa Camilla Battista da Varano, nelle rivelazioni sui suoi Dolori mentali, l’ampiezza di questa “seconda capacità di soffrire moltiplicata” spiegando così: «Come in questo mondo non vi fu mai persona più angustiata della mia santissima Madre, così in Cielo non vi è né vi sarà mai alcuno simile a Lei nella gloria. Come in terra la Madre mia fu solo seconda a me nelle afflizioni e pene, così in Cielo lo è per potere e gloria… Tanto mi accorò il suo dolore che, se così fosse piaciuto al mio Eterno Padre, avrei scelto di sentire raddoppiati in me tutti i tormenti della Passione per togliere a mia Madre ogni sofferenza».
Cosa fare, dunque, in questo mistero? Immaginiamo il momento dell’incontro tra Gesù e Maria durante la salita al Calvario. Mettiamo la nostra anima in quello scambio di sguardi, di cuori, di dolore e di amore che li univa in un’unica offerta. Chiediamo a Gesù e a Maria di farci partecipi della glorificazione del Padre, plasmandoci nello Spirito Santo Amore, affinché ogni nostra azione quotidiana, anche la più piccola, ogni nostro battito del cuore si trasformi in un perfetto atto di amore puro, in un’osmosi di amore dal Cuore di Gesù al Cuore di Maria; dal Cuore di Maria al Cuore di Gesù. Quanto diventerà allora dolce il soffrire e perfino morire, in un’unione di amore e di dolore tra questi due Cuori, fino all’abbraccio eterno del Padre celeste!
Fonte: Il Settimanale di P Pio