Nel Getsemani con Gesù

Meditazioni per il primo Sabato del mese

Primo mistero doloroso

 

 

Entriamo nell’orto degli ulivi per contemplare l’offertorio della “Messa cruenta” del nostro Redentore. Egli si è caricato di tutti i nostri peccati (cf 2Cor 5,21). La sua santissima umanità è così prostrata da sudare Sangue, ed è Sangue divino (cf Lc 22,44). Il fenomeno di sudare sangue riferito dal medico ed evangelista Luca è rarissimo e si presenta solo in casi di eccezionalissima sofferenza, allorquando i vasi sanguigni cedono dalla prostrazione.
Questo Sangue è eloquente quanto la preghiera di Gesù rivolta al Padre (cf Lc 22,42): Sangue grazie al quale l’infinito abisso dell’offesa fatta a Dio è colmato dall’abisso infinito dell’amore del Figlio, del Verbo che unito ipostaticamente alla sua perfettissima umanità raggiunge il culmine della sofferenza.
La preghiera agonizzante di Gesù al Padre è la preghiera violenta dell’Unigenito, che si è fatto carico di ogni nostro peccato – compreso quello di Adamo ed Eva –, per soddisfare la giustizia del Padre, da noi offeso. La ripugnanza naturale e sensibile nei confronti di questo peso lo schiaccia, fino, appunto, a sudare Sangue. Ognuno, in questo mistero, deve dire: «L’ha fatto “per me”!».
Diversi santi e teologi affermano che la Madonna era probabilmente presente nell’orto, appartata fisicamente ma unitissima spiritualmente a tale straziante agonia, ad ogni battito del Cuore divino. La glorificazione del Padre si attua proprio nel Cuore di Gesù e nel riverbero del Cuore Immacolato ivi presente. La Vittima espiatoria dei peccati dell’umanità consegnava il suo “Fiat” al Padre per assumere tutto il disprezzo, l’umiliazione, la sofferenza e la morte che è conseguenza del peccato. La Madre Corredentrice è unitissima alla stessa offerta vittimale, rinnovando il suo “Fiat” detto all’Angelo. I fatti susseguenti a tale intercessione universale ne sono l’amara conseguenza, conseguenza accettata, offerta e desiderata fin dal primo momento. In questo colloquio intensissimo tra il Figlio e il Padre c’è il prezzo del nostro riscatto, ma anche la forza necessaria per affrontare qualsiasi prova la vita ci riservi. Gesù ha pregato soprattutto perché i “suoi” non venissero meno. Il suo pensiero divino spaziava nel tempo fino a noi e comprendeva ogni dolore umano e ogni anima da salvare.
Quando la tentazione ci sembra che superi le nostre forze o quando qualche disgrazia imprevista sconvolge la nostra esistenza, dobbiamo “entrare” nell’orto degli ulivi e attingere grazia dalla preghiera di Gesù, dalla sua unione con il Padre. I Vangeli riportano particolari diversi tra loro ma ci indicano che non è sufficiente “vegliare” (cf Mt 26,41), bisogna anche “pregare più intensamente” (cf Lc 22,44). Gesù ha pregato in ginocchio fino a prostrarsi a terra dal dolore per darci la forza di rialzarci davanti a ogni tenebra che possa apparirci senza via di uscita. Lui che non aveva bisogno di purificazione per sé, ci ha ottenuto la grazia di resistere anche durante quelle prove che sembrano schiacciarci e che possono durare a lungo.
In questo primo mistero doloroso è bene “entrare” spiritualmente nell’orto degli ulivi attraverso il Cuore e lo sguardo amoroso della dolcissima Madre Maria. Dal Cuore della Corredentrice sale la preghiera che vuole arrivare ad unirci a quell’«Abbà Padre!» (Mc 14,36) che sgorgava dal Cuore agonizzante del Figlio.
«Quanto ci amasti, Padre buono – af­­-ferma sant’Agostino –, che non risparmiasti il tuo unico Figlio, consegnandolo agli empi per noi! Quanto ci amasti. Per noi Egli, non giudicando un’usurpazione la sua uguaglianza con te, si fece suddito fino a morire. Per noi vittorioso e vittima al tuo cospetto, e vittorioso in quanto vittima; sacerdote e sacrificio al tuo cospetto, e sacerdote in quanto sacrificio, Egli ci rese, da servi, tuoi figli, nascendo da te e servendo a noi!».

“Il martirio della fede”
Forse, nella vita di santa Teresina di Gesù Bambino non viene messo abbastanza in evidenza che la prova della fede dei suoi ultimi due anni di vita fu una vera condivisione dell’intercessione agonizzante di Gesù nell’orto degli ulivi.
Una volta la Santa giunse a dire a suor Genoveffa, sua consorella in monastero e anche sorella di sangue: «Se sapessi! Oh, se tu patissi solo per cinque minuti le tentazioni che provo! Ma c’è davvero un Cielo? Parlami di questo Cielo!». Il martirio della fede vissuto da questo gigante della “piccola via” fu una sorta di “sofferenza vicaria” e di morte mistica volontaria pur di salvare quante più anime possibili. Scriveva: «Signore, la vostra figlia vi chiede perdono per i suoi fratelli, accetta di mangiare per il tempo che vorrete il pane del dolore e non vuole affatto alzarsi da questa tavola piena di amarezza alla quale mangiano i poveri peccatori prima del giorno che voi avete segnato…».
Aveva copiato su un foglietto il testo del Credo e spesso lo ripeteva pur di dimostrare a Dio la sua volontà di credere. Poche anime sono così generose da voler soffrire tanto, e non a caso dal Paradiso possono poi intercedere largamente. Ma tutto inizia dalla preghiera. Come afferma un biografo della Santa: «La preghiera, per Teresina, diremmo che consisteva in un respirare amore verso il Padre celeste, verso Gesù, verso Maria, verso gli angeli, verso la Chiesa».

di Suor M. Elisabetta della SS. Trinità