VI Giorno della Novena di Natale

21 dicembre

Preghiera

Ah Redentore mio caro, e dove io starei a quest’ora se tu non mi avessi sopportato con tanta pazienza, ma mi avresti fatto morire quando io stavo in peccato? Mi pento o Sommo Bene, d’averti così disprezzato, vorrei morirne di dolore. Tu non sai abbandonare un’anima che ti cerca; se per il passato io ti ho lasciato ora ti cerco e ti amo. Sì, mio Dio, ti amo sopra ogni cosa, ti amo più di me stesso. Aiutami, Signore, ad amarti per sempre nella vita che mi resta; altro non ti domando; te lo domando e lo spero.
Maria, speranza mia, prega tu per me; se tu preghi, io sono sicuro della grazia.

3 Gloria

Gesù Bambino, abbi pietà di noi


Meditazioni per la Novena di Natale di S. Alfonso de Liguori

 

DISCORSO VI – Il Verbo Eterno da suo si è fatto nostro.

Parvulus… natus est nobis, [et] Filius datus est nobis. (ISAIA IX, 6).

Dimmi, barbaro Erode, perché mandi ad uccidere e sagrificare alla tua ambizion di regnare tanti bambini innocenti? Dimmi di che ti disturbi? che timore hai? temi forse che il Messia già nato abbia da spogliarti del tuo regno? Quid est, parla S. Fulgenzio, quod sic turbaris, Herodes? Rex iste qui natus est non venit reges pugnando superare, sed moriendo subiugare (Serm. 5, de Epiph.). Questo Re di cui temi, dice il santo, non è venuto a vincere i potenti della terra combattendo coll’armi, ma è venuto a regnare ne’ cuori degli uomini col patire e morire per loro amore: Venit ergo, conclude S. Fulgenzio, non ut pugnet vivus, sed ut triumphet occisus.1 È venuto l’amabile nostro Redentore non a far guerra in sua vita, ma a trionfare dell’amore degli uomini, per quando avrà lasciata la vita sul patibolo di una croce, com’egli stesso disse: Cum exaltatus fuero, omnia traham ad me ipsum (Io. XII, 32).2 Ma lasciamo Erode da parte, o anime divote, e veniamo a noi. Dunque il Figlio di Dio perché è venuto in terra? per darsi a noi? Sì, ce ne assicura Isaia: Parvulus… natus est nobis [et] filius datus est nobis. A ciò l’ha condotto l’amore che ci porta questo amante Signore, e ‘l desiderio che ha d’essere amato da noi. Da suo si è fatto nostro. Vediamolo; ma prima cerchiamo luce al SS. Sacramento, e alla divina Madre.

Il maggior pregio di Dio, anzi il tutto di Dio, è l’essere suo, cioè l’essere da sé, e non dipendere da niuno. Tutte le creature, per grandi ed eccellenti che sieno, in fatti sono niente, perché quanto hanno tutto l’hanno da Dio che l’ha create e le conserva; in modo tale che se Dio lasciasse per un momento di conservarle, subito perderebbero il loro essere e ritornerebbero al niente. Dio all’incontro, perch’è da sé, non può mancare, né può esservi chi lo distrugga, o diminuisca la sua grandezza, la sua potenza, o la sua felicità. Ma S. Paolo dice che l’Eterno Padre ha dato il Figlio per noi: Pro nobis omnibus tradidit illum (Rom. VIII, 32). E che ‘l Figlio medesimo si è dato per noi: Dilexit nos, et tradidit semet ipsum pro nobis (Ephes. V, 2) – Dunque Dio dandosi per noi, egli si è fatto nostro? Sì, dice S. Bernardo: Natus est nobis, qui sibi erat;3 quegli ch’era tutto a se stesso, ha voluto nascere a noi e farsi nostro. Triumphat de Deo amor.4 Questo Dio che da niuno può esser dominato, l’amore, per dir così, l’ha vinto e ne ha trionfato, sì che da suo l’ha fatto nostro. Sic… Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret (Io. III, 16): Sino a questo segno, disse Gesù Cristo, Dio ha amati gli uomini, che loro ha donato il suo medesimo Figlio. E ‘l Figlio stesso anche per amore ha voluto donarsi agli uomini, per essere da loro amato.

In più modi avea già procurato Iddio di cattivarsi i cuori degli uomini, ora con benefici, ora con minacce, ora con promesse; ma non era giunto a conseguire l’intento. Il suo infinito amore, dice S. Agostino, trovò il modo di farlo dare per mezzo dell’incarnazione del Verbo tutto a noi, per obbligarci così ad amarlo con tutto il nostro cuore: Modum tunc, ut se proderet, invenit amor (Serm. 206, de temp.).5 Poteva egli mandare un angelo, un Serafino a redimere l’uomo; ma vedendo che l’uomo, se fosse stato redento da un Serafino, avrebbe avuto a dividere il suo cuore, amando con parte di quello il Creatore, e con parte il suo Redentore; Dio, che voleva tutto il cuore e tutto l’amore dell’uomo, voluit esse nobis, dice un divoto autore, Creator et Redemptor;6 siccome egli era il nostro Creatore, volle farsi ancora nostro Redentore.

Ed eccolo già venuto dal cielo in una stalla, da bambino nato per noi e dato tutto a noi: Parvulus… natus est nobis [et] Filius datus est nobis. E ciò appunto volle significare l’Angelo quando disse a’ pastori: Natus est vobis hodie Salvator (Luc. II, 11). Come dicesse: uomini, andate alla grotta di Betlemme, adorate ivi quel bambino che vi troverete, steso sulla paglia, dentro una mangiatoia, che trema di freddo e piange; sappiate che quegli è il vostro Dio, che non ha voluto mandare altri a salvarvi, ma ha voluto venire egli stesso, per così acquistarsi tutto il vostro amore. Sì, perciò è venuto in terra il Verbo Eterno a conversare cogli uomini per farsi amare. Cum hominibus conversatus est (Baruch III, 38). Un re, se dice una parola di confidenza ad un vassallo, se gli fa un sorriso, se gli dona un fiore, oh quanto quel vassallo si stima onorato e fortunato! Quanto più poi se il re lo cercasse per amico! se lo tenesse con sé ogni giorno a mensa; se volesse che abitasse nel suo medesimo palagio, e che gli stasse sempre vicino! – Ah mio sommo re, mio caro Gesù, voi non potendo portare l’uomo prima della Redenzione in cielo, che gli era chiuso per cagion del peccato, siete venuto voi in terra a conversar con l’uomo qual loro fratello, e a darvi tutto all’uomo per l’amore che gli portate.- Dilexit nos et tradidit semet ipsum pro nobis. Sì, dice S Agostino, questo amorosissimo e pietosissimo Dio, per l’amore che porta all’uomo, non solo ha voluto donargli i suoi beni, ma anche se stesso: Deus piissimus prae amore hominis, non solum sua, verum se ipsum impendit.7

Dunque tanto è l’affetto che questo sommo Signore conserva per noi vermi miserabili, che si contenta di darsi tutto a noi, nascendo per noi, vivendo per noi, sino a dare per noi la vita e tutto il suo sangue, per apparecchiarci un bagno di salute e lavarci da tutti i nostri peccati: Dilexit nos, et lavit nos… in sanguine suo (Apoc. I, 5). Ma, Signore, dice Guerrico abbate, questa par che sia una soverchia prodigalità che fate di voi stesso, per questa grand’ansia che avete di essere amato dall’uomo: Oh Deum, si fas est dicere, prodigum sui prae desiderio hominis! E come no, soggiunge, come non ha da dirsi prodigo di se stesso questo Dio, che per acquistare l’uomo perduto non solo dà le sue cose, ma anche se medesimo? An non prodigum sui, qui non solum sua, sed se ipsum impendit, ut hominem recuperaret?8

Dice S. Agostino che Dio per cattivarsi l’amore degli uomini, ha scoccate diverse saette d’amore ai loro cuori: Novit Deus sagittare ad amorem; sagittat, ut faciat amantem (In psal. 119).9 Quali sono queste saette? Son tutte queste creature che vediamo, poiché tutte l’ha create Dio per l’uomo, acciocché l’uomo l’amasse; onde dice lo stesso santo: Caelum et terra, et omnia mihi dicunt ut amem te.10 Pareva al santo che il sole. la luna, le stelle, i monti, le campagne, i mari, i fiumi gli parlassero e dicessero: Agostino, ama Dio, perché Dio ha creati noi per te, acciocché tu l’amassi. – S. Maria Maddalena de’ Pazzi, quando teneva in mano un bel pomo o un bel fiore, diceva che quel pomo, quel fiore l’era come una saetta al cuore, che la feriva d’amore verso Dio; pensando che Dio da un’eternità aveva pensato a creare quel fiore, acciocch’ella scorgesse il di lui affetto, e l’amasse.11 S. Teresa ancora dicea che tutte queste belle creature che noi vediamo, le marine, i ruscelli, i fiori, i frutti, gli uccelli, tutti ci rinfacciano la nostra ingratitudine a Dio, poiché tutti sono segni dell’amore che Dio ci porta.12 Narrasi ancora di un certo divoto romito, che andando per la campagna, e trovando l’erbette e i fiori, gli sembrava che quelli gli rimproverassero la sua sconoscenza, e perciò l’andava percuotendo col suo bastoncello, loro dicendo: Tacete, tacete, v’ho inteso, non più; voi mi rimproverate la mia ingratitudine, mentre Dio v’ha creati così belli per me, acciocché io l’amassi, ed io non l’amo; tacete, v’ho inteso, non più non più. E così andava sfogando l’affetto che sentiva accendersi nel cuore verso Dio da quelle belle creature.13

Erano dunque saette d’amore tutte queste creature al cuor dell’uomo, ma Dio di queste saette non fu contento; elle non erano già bastate a guadagnarsi l’amore degli uomini. Posuit me sicut sagittam electam, in pharetra sua abscondit me (Is. IL, [2] ). Dice Ugon cardinale su questo passo, che siccome il cacciatore tien riserbata la saetta migliore per l’ultimo colpo a fermare la fiera; così Dio fra tutti i suoi doni tenne riserbato Gesù, sino che venne la pienezza de’ tempi, ed allora inviollo come per ultimo colpo a ferire d’amore i cuori degli uomini: Sagitta electa reservatur; ita Christus reservatus est in sinu Patris, donec veniret plenitudo temporis, et tunc missus est ad vulneranda corda fidelium.14 Gesù dunque fu la saetta eletta e riserbata, al colpo della quale predisse già Davide che doveano cader vinti popoli intieri: Sagittae tuae acutae, populi sub te cadent (Ps. XLIV, [6]). Oh quanti cuori feriti io vedo ardere d’amore avanti la mangiatoia di Betlemme! Quanti a’ piedi della croce nel Calvario! Quanti alla presenza del SS. Sacramento su gli altari!

Dice S. Pier Grisologo che ‘l Redentore per farsi amare dall’uomo volle prendere diverse forme: Propter nos alias monstratur in formas, qui manet unica suae maiestatis in forma (Serm. 23).15 Quel Dio ch’è immutabile volle farsi vedere or da bambino in una stalla, or da garzone in una bottega, or da reo su d’un patibolo, or da pane su d’un altare. Volle Gesù dimostrarsi a noi in queste varie sembianze, ma in tutte queste comparse fé sempre la comparsa d’amante. Ah mio Signore, ditemi, v’è più che inventare per farvi amare? Notas facite (gridava Isaia) …adinventiones eius (Is. XII, 4). Andate, o anime redente, dicea il profeta, andate da per tutto pubblicando le invenzioni amorose di questo Dio amante, ch’egli ha pensate ed eseguite per farsi amare dagli uomini, mentre dopo che ha dati loro tanti suoi doni, ha voluto dare se stesso, e darsi loro in tanti modi. Si vulneris curam desideras, dice S. Ambrogio (Lib. 3, de Virg.), medicus est: se sei infermo e vuoi guarire, ecco Gesù che col suo sangue ti sana. Si febribus aestuaris, fons est: se sei tormentato da fiamme impure di affetti mondani, ecco il fonte che colle sue consolazioni ti conforta. Si mortem times, vita est; si caelum desideras, via est: in somma, se non vuoi morire, egli è la vita: se vuoi il cielo, egli è la via.16

E non solo Gesù Cristo si è dato a tutti gli uomini in generale, ma ha voluto darsi ancora a ciascuno in particolare. Ciò era quel che facea dire a S. Paolo: Dilexit me et tradidit semet ipsum pro me (Galat. II, 20). Dice S. Giov. Grisostomo, che Dio così ama ciascuno di noi, come ama tutti gli uomini: Adeo singulum quemquam hominem diligit, quo diligit orbem universum (Hom. 24, in Ep. ad Gal.).17 Sicché se nel mondo, fratello mio, non vi fosse stato altri che voi, per voi solo sarebbe venuto il Redentore, ed avrebbe dato il sangue e la vita. E chi mai potrà spiegare o capire, dice S. Lorenzo Giustiniani, l’amore che questo Dio innamorato porta ad ogni uomo? Neque valet explicari quo circa unumquemque Deus moveatur affectu.18 Ciò faceva dire anche a S. Bernardo, parlando di Gesù Cristo: Totus mihi datus, totus in meos usus expensus (Serm. 3, de Circumcis.).19 Ciò facea dire anche a S. Giovan. Grisostomo: Totum nobis dedit, nihil sibi reliquit.20 Ci ha dato il suo sangue, la sua vita, se stesso nel Sacramento; non gli è restato più che darci. In somma, dice S. Tommaso, dopo che Dio ci ha dato se stesso, che più può restargli da darci? Deus ultra quo se extenderet non habet (Serm. 3, de Circumcis.).21 Dopo l’opera dunque della Redenzione, Dio non ha più che darci né ha più che fare per amore dell’uomo.

Sicché ogni uomo dovrebbe dire quel che dicea S. Bernardo: Me pro me debeo, quid retribuam Domino pro se?22 Io sono di Dio, e a Dio debbo rendermi per avermi egli creato e dato l’essere; ma io dopo avergli dato me, che renderò a Dio per avermi egli dato se stesso? Ma non occorre andarci più confondendo; basta che diamo a Dio il nostro amore, e Dio è contento. I re della terra si gloriano nel dominio de’ regni e delle ricchezze: Gesù Cristo è contento del regno de’ nostri cuori; questo reputa il suo principato; e questo principato egli volle acquistarselo morendo in croce. Et factus est principatus super humerum eius (Is. IX, 6). Per queste parole, principatus super humerum eius, più interpreti con S. Basilio,23 S. Cirillo,24 S. Agostino25 ed altri, intendono la croce che ‘l nostro Redentore portò sulle spalle. Questo Re celeste, dice Cornelio a Lapide, è un signore molto diverso dal demonio; il demonio carica di pesi le spalle dei suoi sudditi, Gesù all’incontro si addossa egli i pesi del suo principato, abbracciandosi la croce, sulla quale vuol morire per acquistarsi il dominio de’ nostri cuori: Diabolus onera imponit humeris subditorum, Christus suis humeris sustinebit onus sui principatus, quia Christus sceptrum imperii sui, puta crucem, humeris suis baiulabit, et regnabit a ligno (A Lap., in loc. cit. Isaiae).26 Tertulliano disse che dove i monarchi terreni portano lo scettro e la corona per insegne del loro dominio, Gesù Cristo portò la croce, che fu il trono dove salì a regnare del nostro amore: Quis regum insigne potestatis suae humero praefert, et in capite diadema, aut in manu sceptrum? Solus Rex Christus Iesus potestatem suam in humero extulit, crucem scilicet, ut exinde regnaret.27

Quindi parla Origene e dice: Se Gesù Cristo ha dato se stesso ad ogni uomo, che gran cosa farà l’uomo se si dà tutto a Gesù Cristo? Christus semet ipsum dedit; quid ergo magnum faciet homo, si semet ipsum offerat Deo, cui ipse se prior obtulit Deus? (Hom. 24, in Nat.).28 Doniamo dunque di buona voglia il nostro cuore e ‘l nostro amore a questo Dio, che per acquistarselo ha dovuto dare il sangue, la vita, e tutto sé.- Oh si scires donum Dei, et quis est qui dicit tibi: Mulier, da mihi bibere! (Io. IV, 7).29 Oh se intendessi, disse Gesù alla Samaritana, la grazia che ricevi da Dio, e chi è quello che ti cerca da bere! Oh se intendesse l’anima, che grazia è quella, quando Dio le domanda che l’ami, dicendole: Diliges Dominum Deum tuum!30 Se un suddito sentisse dirsi dal suo principe che l’amasse, questa sola richiesta basterebbe ad incatenarlo. E non c’incatena un Dio, chiedendoci il nostro cuore, dicendo: Praebe, fili mi, cor tuum mihi? (Prov. XXIII, 26).

Ma questo cuore non lo vuol dimezzato, lo vuole tutto ed intiero; vuole che noi con tutt’il cuore l’amiamo: Diliges Dominum tuum ex toto corde tuo. Se no, non è contento. A questo fine egli ci ha dato tutto il suo sangue, tutta la sua vita, tutto se stesso, acciocché gli diamo tutti noi stessi, e siamo tutti suoi. Ed intendiamo che allora noi daremo tutt’il nostro cuore a Dio, quando gli daremo tutta la nostra volontà; non volendo da qui avanti se non quello che vuole Dio, il quale certamente non vuole che ‘l nostro bene e la nostra felicità: In hoc Christus, dice l’Apostolo, mortuus est, ut mortuorum et vivorum domineturSive ergo morimur, sive vivimus, Domini sumus (Rom. XIV, 8).31 Gesù ha voluto morire per noi; più non avea che fare per guadagnarsi tutto il nostro amore, e per essere unico signore del nostro cuore; onde da oggi innanzi dobbiamo far sapere al cielo ed alla terra, in vita ed in morte, che non siamo più nostri, ma siamo solamente e tutti del nostro Dio.

Oh quanto desidera Dio di vedere, e quanto gli è caro un cuore ch’è tutto suo! Oh le finezze amorose che fa Dio, i beni, le delizie, la gloria che apparecchia Dio nel paradiso ad un cuore ch’è tutto suo! Il Ven. P. Gian Leonardo di Lettera domenicano vide un giorno Gesù Cristo che in sembianza di cacciatore andava per la foresta di questa terra con un dardo in mano; gli domandò il servo di Dio, che andasse così facendo! Gesù rispose che andava a caccia de’ cuori.32 Chi sa, dico io, se in questa novena riuscirà al Redentore bambino di ferire e di far preda di qualche cuore, del quale prima è andato molto tempo a caccia, e non gli è riuscito mai di ferirlo e guadagnarlo. Anime divote, se Gesù farà acquisto di noi, noi faremo acquisto di Gesù. Il cambio è assai più vantaggioso per noi. Teresa – disse un giorno il Signore a questa santa – sinora non sei stata tutta mia; or che tu sei tutta mia, sappi ch’io sono tutto tuo.33 S. Agostino chiama l’amore Vittam copulantem amantem cum amato,34 una fascia che stringe l’amante coll’amato. Dio ha tutto il desiderio di stringersi e d’unirsi con noi; ma bisogna che noi ancora procuriamo di unirci con Dio. Se vogliamo che Dio diasi tutto a noi, bisogna che ancora noi ci diamo tutti a Dio.

Fonte: http: intratext.com